venerdì 23 agosto 2013

Quando cercavo di essere rigidamente vegetariano...







Ricordo che quand'ero con Luang Por Jun, cercavo di essere rigidamente vegetariano. Al monastero avevano certi piatti non conditi con salsa di pesce o altri tipi di condimenti animali. Così era difficile perchè non c'era molta scelta e dovevano sempre preparare qualcosa di speciale per me. Dovevo sempre essere speciale. Era difficile, essere uno straniero e poi avere una dieta speciale e privilegi speciali. Era dura per me imporlo al gruppo, quando aiutavo a passare il cibo, potevo diventare molto possessivo. Sentivo di avere il diritto a prendermi tanto cibo vegetariano, dal momento che gli altri monaci si mangiavano il pesce, la carne e quelle cose lì. Mi ritrovavo a puntare al cibo vegetariano per primo così da avere la meglio sugli altri in accordo ai miei bisogni. Questo portò alla luce una tendenza davvero infantile in me. Poi, un giorno un altro monaco vedendomi far questo arraffò subito tutto il cibo vegetariano e me ne diede soltanto un cucchiaio. Mi arrabbiai davvero moltissimo quando vidi questo. Afferrai la salsa di pesce fermentata, un condimento davvero potente e quando passai davanti alla sua ciotola lo spruzzai sopra tutto il suo cibo! Fortunatamente ci era vietato di colpirci l'un l'altro. Questa è una necessità assoluta per gli uomini - avere delle regole contro la violenza fisica!

da Intuitive Awareness, di Ajahn Sumedho, Amaravati Buddhist Monastery









venerdì 16 agosto 2013

L'acqua scorre






Benchè ci siano rocce e radici d’albero

Increspandosi e increspandosi ancora

L’acqua scorre



L'autrice giapponese Wariko Kai ha scritto questa breve poesia che Shundo Aoyama ha così commentato:
"Se il nostro ordinario, auto-centrato, punto di vista è dominante, le rocce e le radici degli alberi sono indesiderabili. Ma se cambiamo il nostro punto di vista, allora la semplice presenza di rocce e di radici d'albero rende più bello il fiume della valle e indescrivibile la vista delle onde che si frangono sopra di esse.
Quando percepiamo gioia, rabbia, felicità, e dolore come arricchenti le nostre vite, proprio come le rocce, le radici d'albero e gli spruzzi d'acqua abbelliscono la natura, allora siamo in grado di accettare tutto quello che capita e vivere come acqua che scorre senza aggrapparci a niente."



venerdì 9 agosto 2013

Lo scopo della pratica




Lo scopo della pratica non è sentirsi meglio ma imparare a vedere. Abbiamo bisogno di esaminare il nostro sistema, capire come perdiamo energia tramite le reazioni e le strategie abituali. Dobbiamo imparare ad arrestare queste perdite, in modo da non trovarci continuamente svuotati quando affrontiamo la vita quotidiana.

Ad esempio, quando siamo in preda alla rabbia, ci tagliamo fuori dall'immagine complessiva e dal senso della nostra essenziale connessione. Se vedessimo chiaramente le nostre reazioni emotive di rabbia, sarebbe evidente che ci svuotano e che limitano la nostra vita. Capiremmo che sono forme di avversione alla vita, che ci separano e ci chiudono.

Eppure, anche se con la nostra rabbia facciamo del male a noi stessi e agli altri, ci aggrappiamo con sconcertante tenacia a questa emozione limitante. Anche se continuiamo a causare dolore perdendo energia attraverso le reazioni emotive di rabbia, anche se riduciamo la vita a un'esistenza di meschino egocentrismo, seguitiamo ad abbandonarci a pensieri e comportamenti rabbiosi con una cocciutaggine che sfida il buon senso.

Cosa scatena realmente la rabbia? Quando la vita non è come la vorremmo, reagiamo. Se abbiamo delle aspettative, ci aspettiamo che vengano soddisfatte. Se abbiamo delle esigenze, esigiamo che vengano soddisfatte. Se abbiamo dei desideri intensi, non siamo paghi fintanto che non vengono esauditi. Benchè la vita sia neutrale, priva di qualsiasi inclinazione ad adeguarsi alle nostre immagini ideali, continuiamo a credere che dovrebbe seguire il corso desiderato. E quando non lo fa, il risultato è spesso la rabbia, in una forma o l'altra.

da Essere Zen, di Ezra Bayda, Ubaldini











venerdì 2 agosto 2013

Paura della consapevolezza




Perché è come se, a volte, una parte di noi temesse la consapevolezza? Perché la consapevolezza è il contrario dell'ignoranza.

L'ignoranza oscura, la consapevolezza illumina e quindi ci fa vedere comincia a farci vedere questo meccanismo.

Ma poichè siamo profondamente abituati a questo meccanismo [di attaccamento alle nostre abitudini], abbiamo nei suoi confronti una profondissima dipendenza e assuefazione, e come sempre succede con le dipendenze e le assuefazioni vogliamo continuare nella dipendenza e nell'assuefazione.

E' una specie di legge, che possiamo vedere e constatare; e la sua forza sta in questo: non vogliamo essere disturbati nella consumazione della nostra dipendenza, della nostra assuefazione.

da Attenzione saggia, attenzione non saggia di Corrado Pensa, Magnanelli