sabato 28 giugno 2014

Fissazione e attaccamento






Dice Achaan Chah:

“Si appiccica alla pelle ed entra dentro la carne; dalla carne penetra nelle ossa. E’ come un insetto su un albero che rosicchiando buca la corteccia, il legno, e arriva fino al midollo, finchè l’albero muore. Siamo cresciuti così. Ha messo radici profonde. I nostri genitori ci hanno insegnato la fissazione e l’attaccamento, a dare significato alle cose, a credere fermamente che noi esistiamo come entità indipendenti e che le cose ci appartengono. Fin dalla nascita è questo che ci insegnano. Ce lo sentiamo dire in continuazione, per cui ci entra dentro il cuore e resta lì come una sensazione abituale. Ci hanno insegnato a procurarci cose, accumularle e tenercele strette, a considerarle importanti e nostre. Questo è quello che sanno i genitori, ed è quello che ci insegnano. Perciò ci penetra nella mente, nelle ossa.”


Achaan Chah (1917-1992), è un grande maestro della tradizione buddhista theravada dei maestri della foresta e ha ispirato una comunità monastica che si è diffusa dalla Thailandia all’Europa e agli Stati Uniti. Molti suoi discorsi sono tradotti in italiano e disponibili presso il sito del monastero di Santacittarama.





sabato 21 giugno 2014

Il mio lascito






Quale sarà il mio legato?

Le fioriture di primavera,

il cuculo nelle colline,

le foglie d’autunno.

Ryōkan (1758-1831)


“In questo poema di Ryōkan-osserva Yasunari Kawabata nel suo discorso di accettazione del Premio Nobel- le più comuni figure e le più comuni parole sono legate insieme senza esitazione, senza ricercare effetti particolari, e così trasmettono la vera essenza del Giappone”.

La rinuncia agli effetti speciali e alla ricercatezza nella scelta delle parole e delle figure e nella legatura e la semplicità senza esitazione sono indicate come “vera essenza del Giappone”.

Ryōkan, dice Kawabata, “ha vissuto nello spirito” dei suoi poemi, “viandante su sentieri di campagna, una capanna di paglia come rifugio, stracci come indumenti, contadini con cui parlare. La profondità della letteratura e della religione non era, per lui, nelle astrusità. Piuttosto praticava la letteratura e la fiducia nello spirito benigno riassunto nella frase buddista: “un viso sorridente e parole gentili”.  “Nel suo ultimo poema non offrì alcun legato. Si limitò a sperare che dopo la sua morte la natura restasse bella. Questo potrebbe essere il suo lascito. Si sentono nel poema le emozioni del vecchio Giappone e anche il cuore di una fede religiosa.”

sabato 14 giugno 2014

Spaziosità







La spaziosità della nostra vita, nella nostra vita, dipende quasi esclusivamente dall’accettazione consapevole di tutte quelle cose che respingiamo e buttiamo fuori perché non ci piacciono, come il disordine, lo squilibrio, la sofferenza, l’imperfezione, la pazienza: e proprio così facendo, più scacciamo via e più lo spazio ci si restringe addosso. Quando quel che non ci piace viene a farci visita lo rifiutiamo, cacciandolo o ignorandone l’esistenza, così lo spazio si riduce e ci troviamo a corto di respiro.

La meditazione di consapevolezza allarga immensamente lo spazio intorno a noi e consente alle cose spiacevoli di essere viste, riconosciute e testimoniate finchè non cessano.

Nel profondo la vita va in senso contrario alla ricerca del piacere.

Shunryu Suzuki dice: “Se comprendete lo sfondo dell’esistenza, realizzate che la sofferenza stessa è il modo in cui viviamo e in cui ampliamo la nostra vita.”




venerdì 6 giugno 2014

Ci siamo nutriti il cuore di fantasie








Ci siamo nutriti il cuore di fantasie,

con quella dieta il cuore si è indurito

c’è più sostanza nei nostri rancori

che nel nostro amore, o api operaie,

venite a costruire nella casa vuota dello storno.

W.B.Yeats,  da Riflessioni in tempo di guerra civile, in La Torre


 
Il ritorno alla sobrietà, al respiro, alle cose come sono, è sempre rinfrancante. 
Non ci volgiamo indietro alle indulgenze, gli eccessi, le fantasie e le eccitazioni del passato e accogliamo il presente così com'è, con la sua imperfezione.
Non facciamo paragoni e confronti tra presente e passato, e pratichiamo la pazienza vivificata dall’attenzione vigile momento per momento.

Sobrietà da sostanze inebrianti e intossicanti e specialmente dalle inclinazioni e dalle tendenze della mente che inavvertitamente scivola verso l’assuefazione a illusioni, autoipnosi, e talvolta, come scrive Walter Siti, commentando Yeats, a quei “sogni di onnipotenza”, che “inaciditi, predispongono insensibilmente alla crudeltà.”