venerdì 25 luglio 2014

Lettera dopo un fine settimana di meditazione




 
Sento gratitudine dopo questo fine settimana meditativo.

Mi sono trovato “a casa“ perché potevo arrivare con calma ed essere a mio agio. Il silenzio mi ha creato uno spazio per sostenere la presenza mentale sia nell´essere seduto sia nel camminare.

Cosi il tema della metta (gentilezza amorevole) nella prima serata mi ha colpito “nudo” o “aperto” o “vuoto”: pronto a confrontarmi con la mia pratica di fondo.

Cioè non limitandomi a ripercorrere il rituale ben conosciuto e praticato della meditazione sulla gentilezza amorevole, ma guardando dietro: il mio stato mentale qui ed ora - cosa c´entrava con metta, come si realizzava metta di fronte a ciascuno dei partecipanti.

Ecco perché potevo dire: vedo i limiti, tanti limiti, anche se c´è la buona volontà di essere “bravo praticante” con parecchia esperienza.

In seguito mi è venuto in mente - e al cuore - questa metafora: vedere metta come un albero con mille foglie, non solo come un mazzo, che si prende in mano per usarlo e regalarlo a volontà.

Vedere la metta come un albero con mille foglie: ci sono benevolenza, comprensione, perdono, accettazione, affetto, dedizione, connessione, pazienza, cura, empatia, pietà, morbidezza, stima, sostegno, inclusione, mitezza, apertura, rispetto, generosità, fiducia, freschezza, indulgenza, fedeltà, sensibilità, attenzione, bontà, calore, tenerezza, dolcezza, amicizia …

Vedere come tronco la bodhicitta, la “grande aspirazione”: fa crescere le foglie e si rinforza con la crescita delle foglie.

Sentirmi albero con un tronco stabile e mille foglie mosse del vento della consapevolezza: veramente una grande aspirazione – ci vuole un grande fiato, che mi manca ancora, qualche volta più qualche volta meno….

Hinnerk




venerdì 18 luglio 2014

Il bocciolo





Il bocciolo

rappresenta tutte le cose,

anche quelle che non fioriscono,

poiché tutto fiorisce, dall’interno, di auto benedizione;

anche se a volte è necessario

ricordare alle cose la propria bellezza,

posare una mano sul capo

del fiore

e ripetergli a gesti e a parole

che è bello

finchè fiorisce di nuovo, dall’interno, di auto benedizione.

Galway Kinnell

 

“Ricordare alle cose la propria bellezza” -scrive Sharon Salzberg in Lovingkindness- è l’essenza della gentilezza amorevole. Attraverso di essa ciascuno e ogni cosa può fiorire di nuovo dall’interno. Quando riacquistiamo coscienza della nostra bellezza e di quella degli altri, l’auto-benedizione diventa una cosa naturale e bella.




venerdì 11 luglio 2014

Lettera riguardo a rabbia e paura della propria rabbia








 
Ultimamente la rabbia è l'oggetto principale della mia pratica. Mi trovo spesso a riflettere sulle condizioni e sulle situazioni che generano in me questo sentimento e cerco di stare attenta anche alle sensazioni che la rabbia mi suscita a livello fisico: aumento del battito cardiaco, il classico "sangue che sale alla testa", lo stomaco contratto e l'incapacità di stare ferma, una grande irrequietezza.
Intuitivamente comprendo la necessità di accogliere e accettare la rabbia e la sofferenza per potermene liberare, ma nei fatti non riesco ad attuare questo proposito, perchè ne ho paura.

E se accettando e accogliendo non riuscissi poi a "lasciar andare"?

E se finissi, con impotente e confusa consapevolezza, per crogiolarmi e riscaldarmi al fuoco della rabbia, che è comunque una fonte di energia, seppur negativa e distruttiva?

So di non poter avere la risposta a queste domande se non provando, praticando con pazienza e amorevole compassione, ma devo dire che sono ancora lontanissima dalla meta (o meglio dal mio nuovo inizio), almeno per quanto riguarda la rabbia generata da certe particolari situazioni personali. Lontanissima ma fiduciosa.

 

Quando c'è fiducia e sincerità potremmo essere meno lontani di quel che pensiamo.
La rabbia che non può essere lasciata andare è quella con cui ci identifichiamo, e fino a quando questa identificazione resta continuiamo a credere ciecamente nelle sensazioni di forza, di autorità, e di indignata rettitudine che la rabbia offre, magari ci piace incutere timore agli altri, ci piace avere il sopravvento, o esercitare un “giusto sdegno di alto profilo", mentre non ci piacciono calma, tranquillità, equanimità, le consideriamo cose da deboli, da sconfitti, da rassegnati, non le capiamo, e crediamo sia meglio starne alla larga.  

Un altro tipo di rabbia che non può essere lasciata andare è quella di cui non siamo consapevoli, quella che c’è, e che si radica e cresce in noi inosservata. Talvolta questo avviene quando ci siamo convinti o siamo stati convinti che non possiamo e non dobbiamo essere arrabbiati, che non abbiamo nulla di cui essere arrabbiati, e che dobbiamo ricacciare indietro anche il sospetto che sia così perché altrimenti correremmo il rischio di dar corpo e vita alle ombre. Sopprimere e nascondere.
Però quel che è ignorato, come ciò a cui siamo attaccati, resta lì dov’è, mentre il vedere la rabbia è il primo passo per liberarsene.

Come tu dici, certe volte sappiamo che c’è rabbia e proviamo paura della rabbia che cova in noi, il che può anche utilmente funzionare come misura di sicurezza, perché la rabbia può essere temibile e anche terribile.

Possiamo tuttavia provare a portare l’attenzione al sorgere della rabbia e al suo alternarsi o con-fondersi con la paura che la rabbia prenda possesso e ci domini: paura che protegge la rabbia che può essere eliminata solo avendone diretta e pratica consapevolezza.

Quello che dobbiamo fare è mantenere una vigile attenzione, nutrendola di fiducia. Quando percepiamo l’emozione, diamo un nome: rabbia o paura, che la rabbia ci possa piacere e dominare, e restiamo in contatto con l’emozione fino a quando questo stato cessa. E quando si ripresenta operiamo nello stesso modo. Talvolta tra la sensazione dell’emozione e l’attuale manifestarsi della rabbia passa solo una frazione di secondo, possiamo aiutarci comunque: sapendo che in certe situazioni familiari o sociali siamo inclini alla rabbia possiamo giocare d’anticipo. Inoltre talvolta l’esplosione di rabbia è preceduta da una sorta di ruminazione interiore che la prepara e che ci predispone, e anche ci avverte di quello che sta maturando. Sosteniamo allora l’attenzione inviando amorevole benevolenza a noi stessi: che io possa essere libero dalla paura della rabbia, che io possa essere paziente e calmo, che io possa lasciar andare questa paura della rabbia. Che io possa, alla luce della consapevolezza, vedere la rabbia e la paura della rabbia per quello che sono. Non potenze o divinità cui inchinarsi e sacrificare, bensì attaccamenti, abitudini, condizionamenti, delusioni e illusioni.
 
 
 
 

venerdì 4 luglio 2014

Oscurità e luce





“Non c’è oscurità senza luce,

non vedete in essa solo oscurità.

Nella luce c’è oscurità,

non vedete in essa solo luce”.


Shitou Xiqian (Sekitō Kisen, in giapponese, 700-790), autore del Sandokai, da cui sono tratti questi versi, nacque nella provincia del Guangdong nel sud della Cina all'inizio dell'ottavo secolo. In quest'epoca lo Zen crebbe in popolarità, e divenne noto per l'enfasi sull'esperienza diretta della realtà e la pratica della meditazione seduta.