Cari amici di Tieni aperto,
ho alfine trovato la pazienza e la resistenza per semplificare il breve racconto in versi che narra della regina d’Africa e della sua reggia ai piedi dell’Aventino.
Ringrazio le amiche e gli amici del gruppo Sentieri e del gruppo Familia che mi hanno sostenuto in varie fasi del lavoro.
La regina d’Africa
BNP ParisBas trasforma in
residenze di pregio
gli inutili uffici di un laborioso
passato,
la Banca Nazionale del Lavoro a
Piazza Albania
Dalle fatiche che la pubblicità
del venditore certifica esclusive
si leva una polvere acre e solerte
che offusca la statua equestre di Skanderbeg
il condottiero, e allo straniero
nasconde il sudore e l’azzurro del cielo.
Nei
pressi della statua vedi in terra una quantità infrantumi di laterizi,
chiazze
di ghiaia e pietrisco, mucchi di sanpietrini
Qui
e là tra un batter d’ali e sussulti di volo si odono
gli
strepiti e le strida di uccelli nervosi e infastiditi nella caccia al cibo dai loro
concorrenti
e vicini.
Al
di là della strada la regina spintonata fino all’Italia
dalle
stesse acque in cui si specchia il corno d’Africa
ha
creato all’ingresso della nuova reggia il suo nido
sotto uno spesso telo di plastica per
edili, e lo ha protetto
con un arredo originale di
rami, piume, stoffe e asciugamani
donati da mani amiche.
Un giorno, di ritorno dal
supermercato, mi fermai a guardarla e finii
per offrirle un cartone di latte e
alcuni spiccioli, e lei in diniego
scuotendo sprezzante il capo
coronato di stracci variopinti
ribadì la consueta richiesta di
cibo scarna e frugale: “Mangiare…mangiare…”
Dentro la borsa della spesa trovai
una pesca: “Va bene questa?”
Nel silenzio la regina africana
accolse il frutto nelle mani, lo spezzò
in più parti e le distribuì alla
cerchia che la scorta, ai corvi e ai gabbiani.
La
vidi solo un’altra volta. A due passi dalla pompa della Esso
stava
immobile, sbiancata, chiusa e cinturata dentro un borsone più nero
della
tempesta che spinge i naufraghi giù negli abissi del pelago insincero
ma
dei loro barchini nemmeno uno resta intero.
E
la straniera cercando scampo in uno spazio interno
vi
aveva eletto per l’ultimo viaggio in questo esilio
il
nostro scherno e il proprio tetto.