I
Nessuno sa più fondere le campane, gli
ultimi capaci se li è portati via la peste. E Boriska, un orfano, agli inviati
del principe lancia una sfida: “Io conosco il segreto per fondere le campane. Mio padre me
lo ha rivelato. Sono solo io a conoscerlo! Mio padre è morto e mi ha rivelato
tutto.”
II
Boriska, accompagnato da alcuni maestri,
cammina sulla riva della Moscova, seguiti dagli zappatori. Poco più in alto biancheggiano
le mura del Cremlino. Boriska zappa furiosamente, gli zappatori lavorano con
piacere. Il più vecchio dei fonditori si rifiuta di unirsi al lavoro comune:
“Siamo fonditori! Perché dovremmo sporcarci le mani con la terra?” Boriska gli
sussurra: “Sapete cosa mi ha raccontato mio padre prima di morire? Tutti i
fonditori, mi ha detto, devono scavare con le loro mani la fossa per la
fusione! Questo, ha detto, io l’ho capito soltanto da vecchio! Ha detto così e
poi è morto... Hai capito?”
III
Boriska corre verso una cava d’argilla. Il
ragazzo prende un pezzo d’argilla e la esamina accuratamente, la fruga con le
dita, la porta vicino agli occhi, e poi a occhi chiusi la tasta. Poi la getta
via con aria di disgusto: “Non va bene! Non è l’argilla giusta!”
“L’abbiamo sempre presa qui!” obietta il
maestro fonditore più vecchio.
“E avete fatto male a prenderla!”
IV
E’ mattino presto. Fa freddo. Boriska,
solo, raggiunge la riva di un piccolo fiume tranquillo e rimane fermo sulla
sponda a fissare l’acqua. Poi inciampa, cade sul sedere e scivola giù
attaccandosi alla sponda argillosa.
E’ argilla! E che argilla! Il ragazzo vi
affonda le mani, ne prende una manciata, la tasta, la sminuzza, la palpa,
l’accarezza. L’argilla è grassa, senza alcuna impurità, grigia chiara,
malleabile, spessa. Eccola, quella giusta! Non sapeva che sarebbe stata proprio
così, non l’avrebbe saputa descrivere a nessuno, perché non l’aveva mai vista,
ma adesso lo sa con certezza: è proprio quella l’argilla che gli serve.
V
Giunge il giorno tanto atteso... Fin dall’alba
tutta la zona che circonda la fossa è andata riempiendosi di moscoviti e di
abitanti di paesi vicini. Boriska è nella fossa, accanto alla campana, tra i
maestri artigiani. Inchinandosi fino a terra, la folla si divide per lasciar
passare il principe che cavalca fino alla fossa e si ferma, il suo cavallo
accanto a quello dell’ospite straniero.
Il pesante battaglio comincia a oscillare,
lento e inesorabile. Il Gran Principe sulla sua sella sembra una statua. I
maestri stanno immobili. Il battaglio arriva a lambire il fianco della campana.
Ancora una...e un’altra...e un’altra ancora...sempre più vicino...
Un suono enorme, denso e basso si stacca
lentamente dalla campana fremente e fluisce sulla folla stupefatta. Il colpo
successivo risveglia le voci dei campanili intorno che rispondono con uno
scampanìo confuso e allegro. La gente felice batte le mani, grida, straccia i
berretti, si fa il segno della croce.
La campana continua a suonare, mentre la
sua voce si addolcisce e sembra gridare una notizia solenne.
VI
Lacrime liberatorie e felici scorrono sul
viso di bambino di Boriska deformato dai singhiozzi.
“Perché piangi?” gli domanda Andrei Rublëv accarezzando con mani tremanti il ragazzo sui capelli, sul collo e sulla
schiena magra di adolescente.
“Perché mio padre non mi ha detto il suo
segreto della fusione. E’ morto e non mi ha detto niente, se l’è portato nella
tomba, maledetto spilorcio!”
“E cosa importa? E’ andato tutto bene
adesso. Ce ne andremo insieme, tu potrai fondere campane e io dipingerò icone.
Ce ne andremo alla Trinità. Pensa che festa per gli uomini, hai dato loro una
festa così grande e piangi… Adesso basta, non piangere, non devi più piangere,
non è giusto…”
da Andrei Rublëv, di Andrei Tarkovskij