La paura di non essere, di scomparire tra i gorghi del nulla, o di non essere all’altezza, a causa della quale finiamo dominati dall’illusionismo dell’apparire, della visibilità, dell’esibire (presenza, posizione, status, autorità...) e dell’esibirsi, ci porta a dimenticare, e separarci da, una condizione pura e non inquinata di rilassamento, di libertà e di fiducia nel vivere un momento dopo l’altro.
Occorre affidarsi al momento, accettarne la
transitorietà, e accogliere la propria vulnerabilità.
Dinamismo dell’amore. Nel momento in cui cominciamo ad
amare quello che non capivamo, e non volevamo capire, e lasciamo andare i
giudizi e le condanne, l’amore si espande in gioia di vivere.
Tornare indietro è difficile; è più facile, e comodo,
anche se pericoloso, proseguire per la stessa strada e ripetersi. Inizi a
mangiare o a indulgere nei piacere dei sensi e continui a farlo all’eccesso. Ti
convinci che è necessario smettere con gli eccessi e finisci per eccedere nelle
mortificazioni. Ti rendi conto che la transitorietà e l’impermanenza sono
caratteristiche dell’esistenza umana e finisci per disprezzare la vita e non
vedi più le possibilità di valorizzarla e darle un significato.
Nella storia di Siddharta c’è un momento più
importante di ogni altro -del lasciare il palazzo paterno, del lasciare la
casta di appartenenza, del lasciare gli averi e gli affetti- ed è quello in cui
lascia la via della mortificazione a oltranza e abbraccia la via di mezzo quando interrompe il digiuno e gli stenti che lo uniscono agli asceti itineranti e accetta la tazza di riso che gli viene offerta da una donna. In quel
momento viene riconosciuta la possibilità e la salutarietà del contraddirsi,
del fare un'inversione e di prendere una via che non sia basata sull’accumulazione e sulla
ripetizione, ma valorizzi il fluire, il cambiamento e la presenza consapevole
momento per momento come premessa per scelte di liberazione e per la gioia di
vivere.