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domenica 10 luglio 2016

Vivere il presente. A colloquio con mio figlio







Quando mio figlio, adolescente e desideroso di fare le sue esperienze in prima persona e mettersi alla prova, me ne racconta qualcuna, mi rendo conto che il primo ostacolo alla comunicazione è per me il non essere presente, qui e ora, nell’ascolto e nella partecipazione ma essere d’istinto trasportato nel futuro.
Lo ascolto e debbo stare attento a non precorrere il racconto e l’esperienza, trascinato come sono in avanti e indietro dall’ansia che essa possa rappresentare un pericolo per la sua vita e la sua sicurezza.
Quando ascolto mio figlio devo innanzitutto vivere il presente, con calma e con pazienza.
Migliaia di cose che permettono di infervorarsi non sono scontate o garantite e non lo saranno mai per quanta enfasi e pathos io possa mettere nelle mie spiegazioni e perorazioni. Non saranno esse a darmi il controllo del futuro e la sicurezza che tutto andrà nella maniera più soddisfacente e priva di sofferenza.
Devo fare spazio nel momento così com’è usando tranquillità e tenerezza, ed essere incoraggiante, invece di minaccioso e terrorizzato.

Avendo visto che nella mia mente c’è paura e ansia, imparo a lasciarle andare e a non identificarmi con modelli non salutari e così scopro, come insegna Jack Kornfield, un livello più profondo di liberazione.





lunedì 22 giugno 2015

ORGOGLIO! Un insegnamento di John Garrie






Quello che segue, ti assicuro, è molto più una riflessione di tipo auto-analitico che un attacco a te, lettore, chiunque tu sia che leggi. Se realizzi nella lettura che è come se io ti stessi reggendo uno specchio di fronte -sappi che quanto segue risulta in primo luogo dalle mie personali realizzazioni seguenti all’essermi seduto davanti allo stesso specchio (credimi -nella sofferenza) per qualche tempo. Sono stato e ho fatto tutte queste cose che seguono.
Invito alla compassione per il lettore e per lo scrittore.

 

L’orgoglio è essenzialmente un tratto che si sviluppa e ha le sue radici nell’adolescenza, o prima. Si può persino dire che l’orgoglio è un guardiano dell’autocentratezza ed è chiaramente molto molto folle perché in definitiva è molto auto-distruttivo. Ci induce a una logica distorta e prevenuta e quindi a percorsi che con maggiore chiarezza mai prenderemmo in considerazione.

Perché? Perché una delle principali caratteristiche dell’orgoglio è che prima di tutto crediamo o abbiamo bisogno di credere che abbiamo ragione o che non abbiamo mai torto, e subito dopo sviluppiamo una inflessibilità di attitudine che non consente di cambiare mai idea, basata com’è sulla credenza che cambiare idea sia una inusuale debolezza alla quale mai soccombere, rivelando così l’immensa vulnerabilità dell’orgoglio e le cocciute e provocatorie emozioni che l’accompagnano.

Sono sicuro che la psicologia avrà chiare spiegazioni di precoci deprivazioni di affetto o rispetto o anche attenzione per dar conto dell’orgoglio in anni seguenti. Forse. Personalmente preferisco guardare a quello in cui si mette orgoglio o a quello di cui si è orgogliosi. Quello che si sente di aver superato o almeno eguagliato o da quali standard ci si sente ancora intimiditi o ridotti all’autocommiserazione o a bravate che accrescono l’ego o a decisioni “potenti”.

I modelli di ruolo sono ovviamente molto influenti in questo campo... Ma i reali modelli di ruolo sono quelli intuitivamente percepiti o ‘sentiti’ da un ragazzo di 6 o 7 anni.

A 6 o 7 anni i confini di percezione, comprensione e ‘sentire’ non sono chiaramente definiti e tendono a fondersi in un conoscere che spronerà spesso un bambino nell’urgenza di far bene, di brillare, o a spiccare in qualche area che ha a che fare con rispetto, affetto, o attenzione; o egualmente nel caso opposto. Questo impulso o la sua assenza detterà la personalità come si sviluppa nel periodo della crescita, educazione inclusa, in quello che emerge a 14-15 anni nell’adolescenza. La secchiona, il somaro, il ribelle, il cocco dell’insegnante, il/la precocemente sexy, il respinto, il militante, l’atleta, lo zerbino, oppure occasionalmente un misto di tutti o parte dei positivi e di tutti o parte dei negativi. E in tutti questi o in qualunque combinazione ci sarà la veemenza dell’orgoglio con la forza impulsiva propria dei primi giorni e una forte appiccicosa riluttanza a cambiare o a consentire lo sviluppo di modi più maturi.

Sarebbe primitivo dar la colpa ai genitori. Sto dicendo che quello che un ragazzo percepisce, raccoglie o a cui reagisce, è qualcosa nei genitori di cui essi -i genitori- sarebbero piuttosto ignoranti, presi dalle loro negoziazioni con i propri partner o con le proprie coscienze per la propria felicità, pur rendendo omaggio a parole all’idea di essere buoni, amorevoli, premurosi e responsabili genitori e modelli di ruolo- che per lo più, a livello esteriore, essi sono. Quanto il ragazzo riceve e a cui reagisce è piuttosto differente.

Che cosa un ragazzo sta cercando di provare dimostrandosi “bravo”, sempre primo o tra i primi nella sua classe, eccellente negli sport? O con l’essere conflittuale o ribelle con i genitori o gli insegnanti, o attraente per l’altro sesso, e che significa attraente in questo contesto? Pochi sono nati con eccezionale bellezza fisica o del viso, il resto della “attrattività” consiste di accessibilità, disponibilità, determinazione e “proiezione” di personalità. A quell’età io ero ben lontano dall’essere in alcun modo attraente. Il mio viso, collo, spalle erano orribilmente coperti da acne -foruncoli, bolle, ascessi. Per fortuna ero un corridore veloce e bravo a cricket -così mi sono specializzato e con il sostegno della rabbia ottenni la mia rivincita sui diffusori di nomi ingiuriosi e i molti rovesci che sopportavo -ma solo in parte. Divenni socialmente “presentabile” solo a 18 o 19 anni.

Probabilmente quello che sto chiedendo è “Quali misure siamo portati a prendere per assicurare la nostra sopravvivenza o esistenza in quanto identità che sia riconoscibile in mezzo a quella che spesso è una competizione davvero formidabile?”

L’orgoglio è essenzialmente reattivo: è una risposta a qualche stimolo o emozione, e mentre è inizialmente difensiva o auto-protettiva può facilmente diventare, e spesso diventa presunzione e si trasforma in arroganza, insensitività, o ciecamente compulsiva autocentratezza.

Ripeto è un gioco emozionale molto molto folle e in ultima istanza autodistruttivo.

Orgoglio è come scavare compulsivamente dentro un fosso nel mentre si cerca di venirne fuori -ed è azione totalmente futile e votata all’autoseppellimento da cui ci si può salvare soltanto saltando fuori dal fosso. Non c’è letteralmente futuro nell’orgoglio!

Posso sentire le obiezioni adesso. Quelli che dicono che l’orgoglio nei risultati o nei propri standard morali o sociali è degno di ammirazione etc., ma certo quello di cui stiamo parlando è semplice auto-rispetto. Orgoglio in verità è auto-rispetto che è tracimato in un stato nuovo, se non pienamente patologico.

Attenzione ai sintomi dell’orgoglio - essi trasformano nature gradevoli e davvero amabili in persone che diventano socialmente inaccettabili e spesso pericolose, perché i confini si confondono e la filosofia morale si distorce.

Triste a vedersi! Abbi compassione per l’orgoglio ma se hai qualche rispetto per la vittima dell’orgoglio -non condonarlo mai. Un secco calcio nel sedere è spesso più affettuoso che un mazzo di rose - e in definitiva di maggior valore.

Non puoi comprare l’orgoglio -affrontalo! Negli altri e soprattutto in te stesso.

E buona fortuna.

di John Garrie (1923-1998), da  Newsletter from Kemps, May 1997