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sabato 24 dicembre 2016

Festeggia e abbi cura di te stesso!







Facciamo gli auguri ai nostri cari, agli amici, anche agli sconosciuti e agli stranieri, ma nessuno dimentichi di curarsi di sé.
Stamattina ho telefonato a Luigi, con cui condivido l'origine arbërësh, ci siamo scambiati auguri, affetto, benevolenza, e abbiamo concluso con il “ruhu”: cioè prenditi cura, abbi cura di te, in tutti i sensi, mentale, fisico, emozionale.
Luigi, ha chiosato: “E’ l’unico comandamento!”
Tutto il resto segue a ruota.
Dalla cura, dall’attenzione rivolta a te stesso dipendono la fiducia, il coraggio, l’energia, la gentilezza, la compassione.
Il non restare chiusi dentro situazioni tossiche, il non aggrapparsi a illusioni, il non deperire a causa di attaccamenti a opinioni, a parole, proprie o altrui, a pensieri.
Perciò dico ai lettori, e a tutti: “ruheni”. Abbiate cura di voi stessi: dalla cura di te dipende la cura degli altri, e anch'io prendendomi cura di me stesso mi prenderò cura anche di voi.
Auguri!







lunedì 30 dicembre 2013

Festeggiare il Nuovo Anno, rinnovare la nostra vita








L'unico dell'anno vecchio o il primo dell'anno nuovo?
 
 
 

Per David Chadwick: “Il punto dei discorsi di Suzuki non era di dire la verità come egli la vedeva, ma di liberare le menti dagli ostacoli, così che potessero includere le contraddizioni.”

Restare chiusi nella propria piccola mente, per quanto benintenzionata e fedele all’ortodossia buddista, alla correttezza, alla coerenza morale o al senso comune serve essenzialmente all’autorassicurazione, e può essere dannoso e controproducente. “The way that helps will not be the same. It changes according to the situation.” Quel che è di aiuto non è sempre lo stesso, cambia in accordo alla situazione. La flessibilità è indispensabile per rendersi utili e d’aiuto alla società.

Il 31 dicembre 1945, durante il periodo dell’occupazione americana, il tempio di Shunryu Suzuki, Rinso-in, ferveva di entusiasmo e preparativi per festeggiare l’Anno Nuovo.

“La gente era ancora depressa a causa della guerra, ma Shunryu sentiva che questa settimana di festa e di rivitalizzazione poteva aiutarli a sollevarsi” racconta Chadwick.  “In qualche modo -diceva Suzuki-  inganniamo noi stessi e ci godiamo l’ultimo giorno dell’anno. Questo si basa sull’approccio buddista alla vita. Momento dopo momento dobbiamo rinnovare la nostra vita, non dovremmo restare attaccati alle vecchie idee di cos’è la vita o qual’è la nostra concezione della vita. Specialmente a fine anno dovremmo  rinnovare completamente i nostri sentimenti e ripulire completamente anche le nostre automobili. Se restiamo sempre attaccati a vecchie idee e ripetiamo sempre la stessa cosa, allora siamo prigionieri nel nostro vecchio modo di vita. Qualche occasione di effervescenza e di festa è necessaria per darci coraggio.”

L’auto-inganno e  il godimento sono talvolta necessari e utili per non soccombere alle vecchie idee e alla ripetizione. La priorità va al rinnovamento completo, al non “restare prigionieri nel nostro vecchio modo di vita”. Occorre  non restare prigionieri di niente: non del patriottismo e del nazionalismo né del buddhismo, non della “old time religion” né della sua cancellazione in nome di altri ‘ismi’, non della crisi nè del superamento della crisi, non di come eravamo nè di come potremmo essere.

"Dovremmo capire le cose non da un punto di vista soltanto. Chiamiamo qualcuno che capisce le cose esclusivamente da un lato tambankan. Una mente attaccata alle vecchie idee e alla ripetizione e chiusa alle contraddizioni è –diceva Suzuki- la mente di un ‘tambankan’.”

Tanti auguri di rinnovare la nostra vita, includere le contraddizioni,  festeggiare l’Anno nuovo.  


sabato 21 dicembre 2013

Natale, ritorno a casa







Il primo kaki dell'Anno Nuovo o l'ultimo dell'Anno Vecchio?



Natale è ritorno a casa. Il Natale è festa del ritorno a casa. Anche i Re Magi, sempre agitati, sempre alla ricerca, trovano "in mezzo al nero luccicare delle tenebre" un punto fermo di luce e di calore. Quando ritorniamo a casa, qualcosa richiama la nostra attenzione; quando ne fuggiamo, vogliamo fuggire e allontanarci il più possibile e non prestiamo attenzione se non al contachilometri e al tempo  che ci separa dalla meta. Quanto manca? Quanto ancora? Cerchiamo la felicità e la liberazione nello spazio e nel tempo, mentre quando ritorniamo a casa la liberazione è frutto di un’attenzione aperta e si realizza nel momento presente- in cui, come dice in “La ricerca della primavera” il poeta Tai-i della dinastia Sung, dopo aver vagato inutilmente lontano, ritornando a casa prendi “in mano un rametto di susino in fiore” e trovi la primavera- ed è momento gravido di ispirazione e di incoraggiamento. In quel momento ci avviciniamo con fiducia alla vita e ci scrolliamo di dosso l’agitazione e l’accidia, i frutti malati dell’indulgenza, in cui tante volte ci siamo attardati.

Dobbiamo intenderci sul che cosa significhi ‘ritorno a casa’. E’ il ritorno al qui e ora, al momento presente, che spesso si accompagna al respiro ed è sempre segnalato da una sensazione di sollievo e di rilassamento, qualcosa che impariamo a riconoscere e per cui ci sentiamo grati.

Tutte le volte -e sono tantissime, ma non ce ne accorgiamo, perché diamo la cosa per scontata- ci distacchiamo dal qui e ora, ci allontaniamo dal momento presente, perché è triste, o noioso, o freddo e piovoso, o insoddisfacente, oppure stiamo inseguendo una cometa luminosa in cerca della felicità, della liberazione o della primavera: tutte quelle volte noi forziamo la nostra esperienza, e quello che ancora non sappiamo, nei “binari morti” del vecchio regime,  di quello che Krishnamurti chiama "già conosciuto".

Ricordare il Natale, con tenerezza, con gioia: tanti affettuosi auguri di “ritorno a casa”.