Il primo kaki dell'Anno Nuovo o l'ultimo dell'Anno Vecchio?
Natale è ritorno a casa. Il Natale è festa del ritorno a casa. Anche i Re Magi, sempre agitati, sempre alla ricerca, trovano "in mezzo al nero luccicare delle tenebre" un punto fermo di luce e di calore. Quando ritorniamo a casa,
qualcosa richiama la nostra attenzione; quando ne fuggiamo, vogliamo fuggire e
allontanarci il più possibile e non prestiamo attenzione se non al
contachilometri e al tempo che ci separa dalla meta. Quanto manca? Quanto ancora? Cerchiamo la felicità e la
liberazione nello spazio e nel tempo, mentre quando ritorniamo a casa la
liberazione è frutto di un’attenzione aperta e si realizza nel momento presente- in
cui, come dice in “La ricerca della primavera” il poeta Tai-i della dinastia
Sung, dopo aver vagato inutilmente lontano, ritornando a casa prendi “in mano un rametto di susino in fiore” e
trovi la primavera- ed è momento gravido di ispirazione e di incoraggiamento. In quel
momento ci avviciniamo con fiducia alla vita e ci scrolliamo di dosso l’agitazione
e l’accidia, i frutti malati dell’indulgenza, in cui tante volte ci siamo
attardati.
Dobbiamo
intenderci sul che cosa significhi ‘ritorno a casa’. E’ il ritorno al qui e
ora, al momento presente, che spesso si accompagna al respiro ed è sempre
segnalato da una sensazione di sollievo e di rilassamento, qualcosa che impariamo
a riconoscere e per cui ci sentiamo grati.
Tutte le volte
-e sono tantissime, ma non ce ne accorgiamo, perché diamo la cosa per scontata-
ci distacchiamo dal qui e ora, ci allontaniamo dal momento presente, perché è
triste, o noioso, o freddo e piovoso, o insoddisfacente, oppure stiamo inseguendo
una cometa luminosa in cerca della felicità, della liberazione o della
primavera: tutte quelle volte noi forziamo la nostra esperienza, e quello che
ancora non sappiamo, nei “binari morti” del vecchio regime, di quello che Krishnamurti chiama "già conosciuto".
Ricordare il Natale, con tenerezza, con gioia: tanti affettuosi
auguri di “ritorno a casa”.