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giovedì 28 giugno 2018

Non ti arrendere









Non ti arrendere, ancora sei in tempo
per arrivare e cominciare di nuovo,
accettare le tue ombre
seppellire le tue paure
liberare il buon senso,
riprendere il volo.

Non ti arrendere perché la vita è così
Continuare il viaggio
Perseguire i sogni
Sciogliere il tempo
togliere le macerie
e scoperchiare il cielo.

Non ti arrendere, per favore non cedere
malgrado il freddo bruci
malgrado la paura morda
malgrado il sole si nasconda
E taccia il vento
Ancora c’è fuoco nella tua anima
Ancora c’è vita nei tuoi sogni.

Perché la vita è tua
e tuo anche il desiderio
Perché lo hai voluto e perché ti amo
Perché esiste il vino e l’amore,
è vero.
Perché non vi sono ferite che non curi il tempo

Aprire le porte
Togliere i catenacci
Abbandonare le muraglie
Che ti protessero
Vivere la vita e accettare la sfida
Recuperare un sorriso
Provare un canto
Abbassare la guardia e stendere le mani
aprire le ali
e tentare di nuovo
Celebrare la vita e riprendere i cieli.

Non ti arrendere, per favore non cedere
malgrado il freddo bruci
malgrado la paura morda
malgrado il sole tramonti e taccia il vento,
ancora c’è fuoco nella tua anima,
ancora c’è vita nei tuoi sogni,
perché ogni giorno è un nuovo inizio
perché questa è l’ora e il miglior momento
perché non sei sola, perchè io ti amo.









domenica 11 marzo 2018

11 marzo 2011-11 marzo 2018




La luna, le nuvole, la neve, la fioritura

  
Con il discorso di accettazione del Nobel per la letteratura nel 1968 Yasunari Kawabata apre il suo cuore al mondo spiegando quale significato abbia per la cultura giapponese la compagnia e la voce di alcuni monaci-poeti.  
Tra questi c'è Myōe di cui riporta tre poemi sulla luna d’inverno e il resoconto dettagliato della loro origine: «Nella notte del dodicesimo giorno del dodicesimo mese dell’anno 1224, la luna era dietro le nubi. Io sedevo in meditazione Zen nella sala Kakyū. Quando scoccò la mezzanotte terminai la meditazione e discesi dalla sala ai quartieri inferiori, nel mentre la luna uscì dalle nuvole e fece brillare la neve. La luna mi era compagna, e neppure il lupo che ululava nella valle faceva paura. Nel momento in cui venni via dai quartieri bassi, di nuovo la luna era dietro le nubi. Non appena la campana segnalò la vigilia di tarda notte, salii ancora una volta ai quartieri alti, e la luna mi vide per strada. Entrai nella sala di meditazione, e la luna, scacciando via le nuvole, era sul punto di tramontare dietro la vetta lontana, e mi sembrava che mi tenesse segreta compagnia.»
Ecco ora la prima delle tre poesie:

Luna d’inverno, che vieni
Dalle nuvole a tenermi compagnia,
E’ tagliente il vento, fredda la neve?

Kawabata dice di averla scelta “per la sua straordinaria gentilezza e compassione. Luna invernale, che vai dietro le nuvole e poi ne esci, facendo brillare le mie orme mentre raggiungo la sala di meditazione e ne scendo di nuovo, così che non ho paura dei lupi: il vento non affonda dentro di te, e la neve, non hai freddo? La considera una poesia che ha in sé la profonda quiete dello spirito giapponese” e  aggiunge: “la neve, la luna, la fioritura, parole che esprimono le stagioni nel mentre che muovono l’una nell’altra, includono nella tradizione giapponese la bellezza di montagne e fiumi ed erba e alberi, della miriade di manifestazioni della natura, e anche dei sentimenti umani.” 

La seconda poesia “fu composta da Myōe entrato nella sala di meditazione dopo aver guardato la luna discendere verso la montagna”:

Andrò dietro la montagna.
Ci andrò anch’io, luna.
Notte dopo notte ci faremo l’un
l’altro compagnia.

E la terza, preceduta da queste parole dello stesso Myōe: «Aprendo gli occhi dalla meditazione vidi la luna nell’alba, che illuminava la finestra. Nell’oscurità, sentii come se proprio il mio cuore risplendesse di luce che sembrava fosse la luce della luna»:

Il mio cuore risplende, pura espansione
di luce;
e senza dubbio la luna penserà
che questa luce sia la sua.


L'anniversario del disastro di Fukushima mi riporta alla mente i poeti scelti da Kawabata: MyōeDōgen, Ikkyū. 
Mi ricorda Ryōkan (vedi il post del 21/06/2014) che "praticava la letteratura e la fiducia nello spirito benigno riassunto nella frase buddista “un viso sorridente e parole gentili” e sperava che dopo la sua morte la natura restasse bella.”  

Che la natura resti bella è stata, dopo Fukushima, e rimane oggi, una speranza grande e difficile. Una speranza che trae la sua forza dall'essere condivisa e ispirata da una compassione con mille facce e braccia come Kannon nel Sanjusangendo a Kyoto: i tanti ragazzi accorsi da lontano per prestare soccorso, i residenti rimasti sempre accanto ai loro amici non umani o ritornati per contribuire alla rinascita di luoghi e istanze di comunità, i volontari organizzati in squadre devote al salvataggio di persone anziane o disabili, i molti che hanno fatto tutto il possibile per recuperare le vittime da sotto le macerie o per svolgere con pazienza straordinaria la selezione e la raccolta di materiale contaminato e mille altre attività di ricucitura e di cura della grande ferita dell'11 marzo 2011.  












domenica 3 luglio 2016

Buddha che ride









Dal giardinetto in fondo a via Asinio Pollione che stavo risalendo ho sentito un richiamo: “Buon giorno” e voltandomi ho incontrato con lo sguardo la figura familiare della signora rom da Sarajevo con cui qualche volta mi fermo a scambiare due parole e che porta in braccio e ancora allatta l’ultimo suo bimbo.
Erano circa le 11, il sole cominciava a farsi sentire e la signora mi ha detto che aveva cercato riparo al caldo nel fresco ombroso di Largo Manlio Gelsomini in cui in quel momento non c’erano altre persone.
E’ una signora dal sorriso aperto che non nasconde i pochi denti storti, è un sorriso che può anche fare a meno di denti perfetti e bianchi.
E quello del bimbo è un sorriso generoso. Basta che i suoi occhi siano sfiorati da una attenzione benevola e il sorriso del bimbo si offre in tutta la sua benefica grazia.
I sorrisi della mamma e del piccolo mi insegnano a sorridere con la pancia, mi fanno sentire la radicale differenza tra il sorriso sforzato, non libero, prigioniero di chi sa quale paradiso futuro e il sorriso che anticipa il paradiso e lo realizza nel momento presente.

E avverto l’irresponsabile avarizia di sorrisi rateizzati, non integri, come una attitudine alla vita che non voglia mai assolvere e assolversi dal calcolo di quanto dovrebbe ancora ottenere per rilassarsi e sorridere senza tirare il freno. 






domenica 10 aprile 2016

La sedia a rotelle






Qualche giorno fa, di mattina, davanti alla Rinascente di Piazza Fiume ho incontrato una signora che spingeva una sedia a rotelle vuota e il suo volto era disteso in un beato sorriso. 
La sua badante, lei pure sorridente, camminava a lato della sedia a rotelle tenendo la mano appoggiata sul bracciolo. 
Alla vista ho sorriso anch’io pensando che si stava accogliendo l’immagine della sedia vuota con il sorriso...


domenica 20 dicembre 2015

Sorridere







"Sorridere a voi stessi -ha detto Thich Nhat Hanh- è un atto molto gentile nei vostri confronti, perchè state soffrendo e quando soffrite avete bisogno di amore. 
Voi siete la prima persona che può offrirvelo,  non aspettate che sia un'altra a farlo."

Se non siamo gentili e sorridenti con noi stessi, la nostra capacità di perseguire il bene è gravemente compromessa. Possiamo facilmente essere travolti dalle preoccupazioni e dalla negatività. Quando sorridere a noi stessi è più difficile a causa della sofferenza, proprio allora dobbiamo esercitarci a praticare il sorriso. Ecco che ci sentiamo subito più tranquilli e l'orizzonte si rasserena.








sabato 31 ottobre 2015

Sulla stessa lunghezza d'onda...





Come avvertivo nel post “Il pennello e la carriola” (29 luglio 2015) ridere di noi stessi, delle situazioni in cui ci cacciamo, delle nostre illusioni, o presunzioni, ridere delle costruzioni intellettuali e degli stati mentali in cui ci ingarbugliamo è sempre salutare.

Talvolta lo humour, la risata, il sorriso segnalano che siamo consapevoli del sorgere di un condizionamento e disponibili a guardarlo.

Quando ci sentiamo in bilico e pericolosamente inclini a cedere a uno stato d’animo negativo ricorriamo con fiducia a una barzelletta non volgare, a una battuta, magari chiedendo comprensione e amorevole benevolenza ai presenti più giovani...

“Sono sposato da 46 anni e mia moglie e io siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Per esempio nello stesso momento in cui ho ottenuto un apparecchio acustico, lei ha smesso di borbottare”.


E’ con questa barzelletta, come riporta Pagine Ebraiche del 9 ottobre scorso, che il rabbino americano Bob Alper, noto come the funny rabbi, ha fatto ridere Bergoglio guadagnandosi il titolo di... “consigliere di battute umoristiche” del papa e vincendo la somma di diecimila dollari che ha devoluto in beneficenza alla costruzione di case per senzatetto in Etiopia.




venerdì 18 settembre 2015

Attraversamento di confini





L’attraversamento di confini interni segnalato da una battuta giocosa o ironica, un motto di spirito, un sorriso, un’espressione o un comportamento inaspettato, in primo luogo per il suo autore, è sempre liberatorio e salutare perché implica la "sconnivenza" pacifica e non violenta delle regole del gioco auto-imposto, per convinzione, per assuefazione o per comodità: inclinazioni che hanno spesso a che fare con l’avidità, la rabbia, specie soppressa, e la delusione.






mercoledì 29 luglio 2015

Il pennello e la carriola






Ridere di noi stessi, delle situazioni in cui ci siamo cacciati, ridere delle nostre illusioni, ridere delle costruzioni intellettuali e degli stati mentali in cui ci ingarbugliamo è molto salutare.

Un pomeriggio assolato John, il giovane aiutante, mi aveva chiesto un pennello per dare della cera liquida a una porta e mi seguiva verso il laboratorio dove andavo a cercarlo, il mio sguardo cadde sulla carriola e gli chiesi di prenderla.

Fosse il caldo, fosse la stanchezza, fosse una sensazione acuta di vulnerabilità, non era necessario approfondire le cause: in quel momento mi ha colpito nella mia voce immediatamente e senza dubbi una inconfondibile nota di scontentezza.

Al sorgere della consapevolezza ha fatto seguito la pratica dello humour. Ho espirato e porgendo il pennello ho detto: "La carriola è per riportare il pennello..."

Il ragazzo dopo un attimo di perplessità è scoppiato a ridere e anche l'inizio di malumore è sparito.

Cominciamo con il ridere e il sorridere più spesso quando facciamo cose che ci piacciono e poi allarghiamo la pratica anche alle circostanze più ostiche e spiacevoli.

E’ essenziale ridere e sorridere almeno tre volte al giorno e riconoscere in questo una buona medicina e una ricchezza!
 
Talvolta lo humour, la risata, il sorriso, il respiro segnalano che siamo consapevoli del sorgere di un condizionamento e disponibili alla sua risoluzione.







venerdì 15 febbraio 2013

La locanda


Questo essere umano è una locanda
Ogni mattina un nuovo arrivo.

Una gioia, una depressione, una meschinità,
Una momentanea consapevolezza arriva
Come un visitatore inaspettato.

Accoglili e intrattienili tutti!
Anche se con loro arrivano in folla i dispiaceri,
Anche se con violenza
Vi portano via tutti i mobili di casa vostra
Trattate ugualmente ogni ospite con rispetto
Potrebbe far spazio in voi
A qualche nuova gioia.

Accogliete sulla porta, con un sorriso
I pensieri cupi, la vergogna, la malizia,
E invitateli a entrare

Siate grati per chiunque arrivi
Perché tutti vi sono stati mandati
Come guide dall’aldilà.

Jelaluddin Rumi (1207-1273)