Dal
giardinetto in fondo a via Asinio Pollione che stavo risalendo ho sentito un
richiamo: “Buon giorno” e voltandomi ho incontrato con lo sguardo la figura
familiare della signora rom da Sarajevo con cui qualche volta mi fermo a scambiare due parole e che porta
in braccio e ancora allatta l’ultimo suo bimbo.
Erano
circa le 11, il sole cominciava a farsi sentire e la signora mi ha detto che
aveva cercato riparo al caldo nel fresco ombroso di Largo Manlio Gelsomini in
cui in quel momento non c’erano altre persone.
E’
una signora dal sorriso aperto che non nasconde i pochi denti storti, è un
sorriso che può anche fare a meno di denti perfetti e bianchi.
E
quello del bimbo è un sorriso generoso. Basta che i suoi occhi siano sfiorati
da una attenzione benevola e il sorriso del bimbo si offre in tutta la sua benefica
grazia.
I
sorrisi della mamma e del piccolo mi insegnano a sorridere con la pancia, mi
fanno sentire la radicale differenza tra il sorriso sforzato, non libero,
prigioniero di chi sa quale paradiso futuro e il sorriso che anticipa il
paradiso e lo realizza nel momento presente.
E
avverto l’irresponsabile avarizia di sorrisi rateizzati, non integri, come una
attitudine alla vita che non voglia mai assolvere e assolversi dal calcolo di
quanto dovrebbe ancora ottenere per rilassarsi e sorridere senza tirare il
freno.
Che meraviglioso invito alla risata spontanea.
RispondiEliminaQuanto è importante l'attenzione benevola di qualcuno. La mia canina, ad esempio, me la riserva sempre, sarà per questo che con lei sorrido spesso, così, anche solo per come mi guarda.
Ma come ci siamo ridotti male in questa societa', spesso mi è successo di ridere con un certo 'mal di mandibola', cioè senza volerlo davvero fare. Ma la differenza è così sottile che ringrazio ogni tua parola per avermelo ricordato.