mercoledì 27 luglio 2016

Buona estate!









Nel mezzo della grande confusione in cui si dibatte il mondo le parole di chi è riuscito a creare un po’ di pace in se stesso si ascoltano come voci amiche che offrono rifugio invitando a deporre il risentimento e la violenza e a coltivare la consapevolezza e la tranquillità.

Theodor Fontane, l’autore di Effi Briest, scrisse a un suo amico:

“La vecchia battuta, secondo cui siamo solo un’imboccatura di clarino in cui entra fiato da qualche parte ignota, ha pur qualcosa di vero, e l’essere penetrati di tale verità lascia infine soltanto questo duplice sentimento: di modestia e di gratitudine.”




domenica 17 luglio 2016

Quando non ne puoi più...






Nel momento in cui dici a te stesso, mentalmente, con gesti o a parole: "non ne posso più", "non ce la faccio più", e invece di raddrizzare la schiena e espandere la consapevolezza, ti abbatti e mortifichi -proprio in quel momento possono nascere in te la rabbia l’odio e il risentimento per qualcosa o qualcuno che ti attacca dall’esterno, il nemico, e nello stesso tempo l’attesa, più o meno, inconscia di un grande uomo, di un super-uomo, a cui sei pronto ad attribuire e riconoscere super-poteri, poteri straordinari e risolutivi...







domenica 10 luglio 2016

Vivere il presente. A colloquio con mio figlio







Quando mio figlio, adolescente e desideroso di fare le sue esperienze in prima persona e mettersi alla prova, me ne racconta qualcuna, mi rendo conto che il primo ostacolo alla comunicazione è per me il non essere presente, qui e ora, nell’ascolto e nella partecipazione ma essere d’istinto trasportato nel futuro.
Lo ascolto e debbo stare attento a non precorrere il racconto e l’esperienza, trascinato come sono in avanti e indietro dall’ansia che essa possa rappresentare un pericolo per la sua vita e la sua sicurezza.
Quando ascolto mio figlio devo innanzitutto vivere il presente, con calma e con pazienza.
Migliaia di cose che permettono di infervorarsi non sono scontate o garantite e non lo saranno mai per quanta enfasi e pathos io possa mettere nelle mie spiegazioni e perorazioni. Non saranno esse a darmi il controllo del futuro e la sicurezza che tutto andrà nella maniera più soddisfacente e priva di sofferenza.
Devo fare spazio nel momento così com’è usando tranquillità e tenerezza, ed essere incoraggiante, invece di minaccioso e terrorizzato.

Avendo visto che nella mia mente c’è paura e ansia, imparo a lasciarle andare e a non identificarmi con modelli non salutari e così scopro, come insegna Jack Kornfield, un livello più profondo di liberazione.





domenica 3 luglio 2016

Buddha che ride









Dal giardinetto in fondo a via Asinio Pollione che stavo risalendo ho sentito un richiamo: “Buon giorno” e voltandomi ho incontrato con lo sguardo la figura familiare della signora rom da Sarajevo con cui qualche volta mi fermo a scambiare due parole e che porta in braccio e ancora allatta l’ultimo suo bimbo.
Erano circa le 11, il sole cominciava a farsi sentire e la signora mi ha detto che aveva cercato riparo al caldo nel fresco ombroso di Largo Manlio Gelsomini in cui in quel momento non c’erano altre persone.
E’ una signora dal sorriso aperto che non nasconde i pochi denti storti, è un sorriso che può anche fare a meno di denti perfetti e bianchi.
E quello del bimbo è un sorriso generoso. Basta che i suoi occhi siano sfiorati da una attenzione benevola e il sorriso del bimbo si offre in tutta la sua benefica grazia.
I sorrisi della mamma e del piccolo mi insegnano a sorridere con la pancia, mi fanno sentire la radicale differenza tra il sorriso sforzato, non libero, prigioniero di chi sa quale paradiso futuro e il sorriso che anticipa il paradiso e lo realizza nel momento presente.

E avverto l’irresponsabile avarizia di sorrisi rateizzati, non integri, come una attitudine alla vita che non voglia mai assolvere e assolversi dal calcolo di quanto dovrebbe ancora ottenere per rilassarsi e sorridere senza tirare il freno.