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domenica 20 gennaio 2019

Forza e debolezza








Chi ha rinunciato
all’uso della forza
nel rapporto con gli altri
deboli o forti che siano
chi non uccide né fa uccidere
è da ritenere un grande essere.
  Dhammapada strofa 405

La delicatezza con cui terremmo un bambino piccolo chiaramente non è un segno di debolezza. La sensibilità con cui ascolteremmo un amico che ha subito una perdita ugualmente non sarebbe ritenuta una debolezza. Comportarsi con umiltà riconoscendo la parte che possiamo aver avuto nel contribuire alla sofferenza di altre persone ugualmente non sarebbe, si spera, considerata un segno di debolezza. Ciò che talvolta viene visto come debolezza è di fatto forza. Al contrario, nascondersi dietro un’ostentazione di invulnerabilità, rifiutarsi di chiedere aiuto quando è chiaro che ne abbiamo bisogno, essere incapaci di provare empatia di fronte al dolore degli altri, queste sono di fatto forme di debolezza a cui gioverebbe un’accurata attenzione. 

Commento al Dhammapada di Achaan Munindo
Traduzione dall'inglese di Chandra Candiani
[Pubblicazione a cura del Monastero buddhista Santacittarama
Localita Brulla, Poggio Nativo, Rieti 02030]






sabato 20 gennaio 2018

Sento il peso di diverse cose, senza avere più cose precise...






Domenica scorsa ho ricevuto una mail che diceva:
“Io sto vivendo giornate di sin troppa sensibilità, quando passo per Magliano e mi fermo sento pure con anticipo il terremoto che sta per arrivare ad Amatrice, meglio riallontanarsi per un pochino, sento il peso di diverse cose, senza avere più cose precise. Va bene così. Speriamo.”

Leggendo queste righe, mi sono ritrovato anch'io fermo a Magliano Sabina e ho avvertito il terremoto avanzare verso Amatrice. E avevo voglia di tornare indietro, di allontanarmi poiché percepivo acutamente il peso della presenza di incertezza e dell'assenza di sicurezze.

Con poche parole veniva messa a fuoco la condizione umana: impermanenza e cambiamento, vulnerabilità... Ne possiamo osservare il riflesso nelle nostre esistenze e nelle vicende esterne. Ho sentito che abbracciare l’incertezza è più necessario di sperare. E’ un abbraccio che indica il sentiero della gentilezza e della compassione, e invita a coltivare il coraggio e la fiducia. Non possiamo esimerci, non possiamo farne a meno.














domenica 21 febbraio 2016

Attenzione e vita





Senza attenzione la vita non sarebbe davvero vissuta ma scorrerebbe via tra abitudini e conformismi. Attraverso l'esercizio paziente dell'attenzione che, nonostante la corrente avversa delle distrazioni, mi riporta al presente posso cercare di dare uno sguardo dall'interno alla mia vita. Quando perdo il filo dell'attenzione occorre che ritorni ad essa. Tutto quello che mi viene incontro in ogni momento di attenzione è in quel momento la mia vita. Non posso arrivare ad apprezzarla se non offro la mia attenzione.
Se mi distraggo ho delle possibilità di ritornare al momento presente: la gratitudine per un giorno di sole o per una camminata, la parola data o ricevuta da un amico, la generosità nei confronti di chi mi chiede ascolto, la pazienza per una incombenza faticosa, il raccoglimento nel silenzio, la meditazione nella quale prescindo da ogni risultato utile e testimonio con il mio essere presente il momento presente...
Talvolta però dimentico che attenzione non è riservata a quel che mi piace, ai momenti gradevoli: ancora più importante per creare coraggio ed equanimità è l’attenzione quando illumina il momento che stride, che infastidisce, che non piace. E che non va cacciato via perchè la vera attenzione è a quello che c'è così com'è. Il resto è compiacenza.

E' un passo importante inciampare nella pietra del non mi piace, mantenere l'attenzione aperta a quello che non mi piace e sentirne il sapore, sentire com’è.

E’ importante perché  comporta l'esperienza diretta del fatto che le sensazioni nascono e muoiono e di essere noi stessi vulnerabili e di passaggio. Una esperienza che può aprire la porta non all’indifferenza e alla negatività bensì alla fiducia, alla compassione e a una iniziale consapevolezza di essere connessi con l’intero universo.