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domenica 28 maggio 2017

Una lettera di Albert Einstein






Nel 1950 Albert Einstein scrisse una lettera a Robert E.Marcus, direttore del World Jewish Congress, il cui figlio era appena morto di poliomielite.

Egregio dottor Marcus,
un essere umano è parte di quel tutto che abbiamo battezzato «universo», una parte limitata nel tempo e nello spazio. Sperimenta se stesso, i propri pensieri e sentimenti come qualcosa di separato dal resto, una specie di illusione ottica della coscienza. La lotta per liberarsi da tale illusione è il solo scopo della vera religione. Non nutrire l’illusione ma cercare di sormontarla è il modo per raggiungere l’unica pace interiore che sia alla nostra portata.
Con i miei migliori auguri
Sinceramente suo,

Albert Einstein







sabato 24 settembre 2016

Einstein e la consapevolezza





In una riflessione sul razzismo nella società degli Stati Uniti d'America la cui adeguatezza nel nostro tempo non necessita di essere richiamata, Albert Einstein ricorda che gli antichi greci avevano schiavi che non erano neri ma bianchi fatti prigionieri in guerra, di conseguenza non si poteva parlare di differenze razziali. Eppure Aristotele li giudicava esseri inferiori che erano stati giustamente sottomessi e privati della loro libertà. 

«E' chiaro -dice Einstein- che Aristotele era invischiato in un pregiudizio tradizionale, dal quale, nonostante il suo straordinario intelletto, non poteva liberarsi».

L'intelligenza non ci mette al riparo dal pregiudizio e dall'avversione, siamo immersi nella tradizione, siamo risucchiati dal passato e i modi di pensare propri del "già conosciuto", come dice Krishnamurti, affermando le loro convenienze, inerzie e paure possono danneggiare "il nostro destino e la nostra dignità".

Infatti più che l'intelligenza e le conoscenze tradizionali, le parole di Einstein richiamano l'importanza della consapevolezza, della sua assenza e della sua presenza, rispetto al "renderci quel che siamo".

«Gran parte del nostro atteggiamento verso le cose è condizionata da opinioni ed emozioni che abbiamo assorbito inconsapevolmente da bambini dall’ambiente esterno. In altre parole, è la tradizione – oltre ad attitudini e qualità innate – che ci rende quel che siamo.
Riflettiamo raramente su quanto l’influenza del pensiero consapevole sul nostro comportamento e sulle nostre convinzioni sia piuttosto debole rispetto al peso potente della tradizione».

Albert Einstein, The Negro Question, 1946