sabato 31 gennaio 2015

Le emozioni e l'identità






 “Le emozioni possono diventare rifugi. Rispondere con rabbia e presunzione della propria superiorità e cercare qualcosa [o qualcuno] da incolpare può diventare un posto abituale per nascondersi. Se la rabbia rassicura la tua identità, puoi ritornare a quello stato per trovare riparo, allo stesso modo di qualcuno che fa ritorno alla propria casa. Forse la tua abitudine è di lasciarti sopraffare dalla confusione e di chiedere agli altri di venire in tuo salvataggio. L’impotenza cronica può essere un rifugio, un modo di tirarti indietro dal mondo e dalle tue responsabilità.”

Yongey Mingyur Rinpoche (maestro di meditazione nei lignaggi Karma Kagyu e Nyingma del Buddhismo Tibetano)






 

sabato 24 gennaio 2015

Quel che resta del giorno





Dopo la morte di Lord Darlington, Mr Stevens, suo maggiordomo per trentacinque anni, viene acquistato, per così dire, insieme a  Darlington Hall, “una autentica, importante, antica dimora inglese”, di cui è considerato un “autentico” elemento costitutivo, da Mr Farraday, un signore americano. Questi, in procinto di recarsi negli Stati Uniti per “condurre a termine diverse faccende” prima del trasferimento in Inghilterra, invita il maggiordomo a prendersi “un po’ di riposo”, “a visitare questo vostro meraviglioso paese”, gli mette a disposizione la sua Ford, e si offre di pagare la benzina per il viaggio. 

Mr Stevens accetta il consiglio di allontanarsi “per alcuni giorni” da Darlington Hall, ma dopo qualche resistenza dovendola lasciare disabitata “forse per la prima volta dal giorno in cui fu costruita”, e intraprende quella che significativamente chiama, con una parola piuttosto adatta a una direzione finora inesplorata, “la spedizione”, giustificandola ai propri occhi con finalità di carattere professionale, quale la messa a punto di un piano di lavoro e di riorganizzazione del personale.

In tale prospettiva si ripropone di visitare Miss Kenton, già governante della casa, dalla professionalità e dedizione esemplari, il cui matrimonio è forse in crisi e che ha lasciato trasparire in una lettera un sentimento di nostalgia e forse la disponibilità a ritornare a Darlington Hall.

Nell’ultima tappa di questa sua spedizione oltre i confini della grande tenuta a cui appartiene, che lo porta per la prima volta attraverso la grande campagna inglese e attraverso certi ricordi del passato che suscitano dubbi sulle sue scelte di vita, Mr Stevens incontra Miss Kenton. Ella gli confida  (e “In verità -perché non dovrei ammetterlo?- in quel momento mi si stava spezzando il cuore” ci dice Mr Stevens) che, sì, ci sono stati dei momenti in cui si è domandata che tipo di vita avrebbe potuto avere con lui, ma anche di essersi poi resa conto che il suo posto è accanto al marito, non si può più mettere indietro l’orologio, né “stare perennemente a pensare a quel che avrebbe potuto essere”.

Alla vigilia del viaggio di ritorno, Mr Stevens si imbatte, nell’ora che precede il tramonto sul molo di Weymouth, sulla costa occidentale dell’isola, in un pensionato che era stato solo il domestico di una casa molto piccola, e che non si è certo formato nel suo stesso ideale di “grandezza”, fatto di riserbo, di “controllo emotivo” , e di “dignità”: per cui non si mette mai “da parte la figura professionale per lasciare emergere la dimensione privata”.

Il pensionato, un tipo allegro e cordiale, dalla panchina su cui siede declama a voce alta: “L’aria di mare fa proprio bene…” e Mr Stevens forse facilitato da un certo senso di colleganza professionale, sentendo però di poter essere accettato così com’è, gli apre con sincerità e semplicità il cuore, oppresso specialmente dopo il chiarimento con Miss Kenton da sensazioni di sfinimento e demoralizzazione: “..ho dato a Lord Darlington il meglio di me. Gli ho dato tutto quanto avevo da dare, e adesso -ebbene- adesso mi accorgo che non mi è rimasto molto altro da dare.”

“Dovete essere stato molto attaccato a questo Lord comesichiama. E avete detto che sono tre anni che è deceduto?” lo interpella volentieri il pensionato.

“Lord Darlington non era una cattiva persona. Non lo era affatto. E almeno ha avuto il privilegio di poter dire, alla fine della propria vita, di aver commesso i propri errori. Sua signoria è stato un uomo coraggioso. Ha scelto un certo percorso, nella sua vita, che si è rivelato un percorso sbagliato; ma era quello che aveva scelto, così almeno può dire. Perché io, invece, non posso nemmeno asserire questo. Vedete, io mi sono fidato. Mi sono fidato della saggezza di sua signoria. Tutti gli anni nei quali sono stato al suo servizio, ho creduto davvero di fare qualcosa di utile. Non posso nemmeno affermare di aver commesso i miei propri errori. E davvero -uno deve chiedersi- quale dignità vi è mai in questo?”

“Stà a sentire, amico mio -ribatte il meno illustre collega- io non sono molto sicuro di capire fino in fondo quello che dici. Ma se mi chiedi che cosa ne penso, ti dirò che il tuo atteggiamento è tutto sbagliato, capisci? Smettila di guardarti indietro continuamente, altrimenti non puoi far altro che essere depresso.” E aggiunge: “Bisogna essere felici. La sera è la parte più bella della giornata. Hai concluso una giornata di lavoro e adesso puoi sederti ed essere felice. Ecco come la vedo io.”

Dopo che il suo compagno si è allontanato Mr Stevens riprende la riflessione: “..forse allora vi è del buono nel consiglio secondo il quale io dovrei smettere di ripensare tanto al passato, dovrei assumere un punto di vista più positivo e cercare di trarre il meglio da quel che rimane della mia giornata. Dopotutto che cosa mai c’è da guadagnare nel guardarsi continuamente alle spalle e a prendercela con noi stessi se le nostre vite non sono state proprio quelle che avremmo desiderato? La dura realtà è certamente il fatto che per quelli come voi ed io, vi è ben poca scelta che porre in definitiva, il nostro destino, nelle mani di quei grandi gentiluomini che sono al centro del mondo, i quali impiegano i nostri servizi. Che ragione c’è di preoccuparci troppo circa quello che avremmo o non avremmo potuto fare per controllare il corso che la nostra vita ha preso? Di certo è sufficiente che quelli come voi e come me almeno tentiamo di offrire il nostro piccolo contributo in favore di qualcosa di vero e di degno. E se alcuni di noi sono pronti a sacrificare molto, nella propria vita, al fine di perseguire tali aspirazioni, ciò sicuramente rappresenta in sé, quali che siano i risultati che ne derivano, motivo di orgoglio e di felicità.”

E, impressionato da come le persone a passeggio sul molo conversino, ridano, e dal calore umano che si crea nella “aspettativa della serata che li attende”, immagina che esso possa avere a che fare con lo scambiarsi battute scherzose e decide di dedicarsi con rinnovato impegno a potenziare la propria capacità di pronunciarne, per essere in grado di fare “una piacevole sorpresa” a Mr Farraday.

 “Quel che resta del giorno”,1989, è un romanzo scritto da Kazuo Ishiguro, da cui è stato tratto per la regia di James Ivory, con Emma Thompson e Anthony Hopkins, un film che ne porta il titolo ma in qualche modo lo tradisce, ignorando l’incontro sul molo tra le due persone di servizio. Mr Stevens il grande maggiordomo di Darlington Hall, e l’anonimo domestico-maestro, dai modi franchi e diretti, che gli ha offerto perché possa asciugarsi le lacrime, il suo fazzoletto - “con cui mi sono soffiato il naso stamattina una sola volta”-, e aggiunto qualche indicazione per “che cosa fare di quel che resta del giorno”.




sabato 17 gennaio 2015

Quando rimaniamo bloccati in modelli abituali







Spesso nonostante le nostre migliori intenzioni -si potrebbe dire: benché le nostre intenzioni siano sincere e nascano dal cuore- non riusciamo a vedere con chiarezza che siamo prigionieri dentro modelli di comportamento abituali che creano sofferenza, sempre a noi stessi, spesso ad altri.

Sentiamo il disagio ma non sappiamo come uscirne.

Continuiamo ad andare avanti e indietro.

E continuiamo magari a dirci e a dire che tutto si sistemerebbe se solo il tale o il talaltro si comportassero in un altro modo.

Allora può essere preziosa la presenza di un amico spirituale che “ci vede” così come siamo, e che senza supponenza e senza complimenti ci “fa vedere” che occorre qualche passo “fuori”, ci indica la direzione per uscire dalla situazione bloccata -e quasi immancabilmente il dito è puntato in direzione del non attaccamento.
 
La pratica meditativa, perseguita con sincerità e con perseveranza ci porta al momento in cui le nostre resistenze al cambiamento si manifestano in tutta la loro portata, e in cui inevitabilmente sentiamo l’assenza di terreno sotto i piedi.

E’ il “momento potente”, il “momento della verità”, in cui tocchiamo quella “identità che  -come dice John Garrie- invariabilmente si ritrova in ciascuno, al centro dell’essere, una identità potentemente condizionata e protetta da abitudini, precedenti e familiarità”.

Da questo momento può prendere vigore un dinamismo che porta a non temere la mancanza di sicurezza e di terreno sotto i piedi, perché è sostenuto dalla energia della fiducia e dal desiderio di liberazione.




sabato 10 gennaio 2015

L’energia della consapevolezza per l’Anno Nuovo








Il merlo sulla neve a Montali (foto di Rika)




“Quando i blocchi di dolore, di dispiacere, rabbia e disperazione si fanno più forti e più grossi, premono per salire nella coscienza mentale, nel soggiorno a reclamare la nostra attenzione. Essi desiderano emergere, ma noi non li vogliamo, perchè ci fanno stare male solo a vederli.
Non avendo nessuna voglia di affrontarli, usiamo riempire il soggiorno con altri ospiti: prendiamo in mano un libro, accendiamo la tv, andiamo a fare un giro in macchina… qualunque cosa pur di tenere occupato il soggiorno.
Abbracciare il tuo dolore e il tuo dispiacere con l’energia della presenza mentale è esattamente come massaggiare la coscienza invece che il corpo.
Quando togli l’imbargo e i blocchi di dolore affiorano ti tocca soffrire, almeno un po’, non c’è modo di evitarlo. Occorre imparare ad abbracciare questo dolore. Dopo che avrai abbracciato per qualche tempo i tuoi dolori, essi torneranno in cantina e si ritrasformeranno in semi.
Se invitiamo il seme della paura ad uscire allo scoperto, siamo anche meglio equipaggiati per prenderci cura della rabbia.
E’ la paura a generare la rabbia: quando hai paura non sei in pace e questo tuo stato diventa il terreno dove la rabbia può crescere.
La paura si fonda sull’ignoranza, mancanza di chiara comprensione.
Immergi quotidianamente la tua rabbia, la tua disperazione, la tua paura in un bagno di presenza mentale: la pratica di invitare i semi ogni giorno per abbracciarli è molto salutare.
Dopo svariati giorni o settimane di questa pratica, avrai generato una buona circolazione nella tua psiche. La presenza mentale lavora come un massaggio delle formazioni interne, dei tuoi blocchi di sofferenza. Questi devono poter circolare liberamente, dentro di te, possono farlo soltanto se non ne hai paura. Se impari a non avere paura dei tuoi nodi di sofferenza, puoi imparare anche ad abbracciarli con l’energia della consapevolezza e a trasformarli.”
Thich Nhat Hanh

Inviato da Francesca con auguri di consapevolezza per l’Anno Nuovo.

[Thich Nhat Hanh, che ha sofferto un aneurisma al cervello nell’autunno dell’anno passato, nelle ultime tre settimane è gradualmente riemerso a una condizione di vigile veglia. Per gran parte del giorno il maestro Zen vietnamita tiene gli occhi aperti, al punto che i dottori lo hanno dichiarato fuori dal coma. Nella sua attuale condizione Thay, come Thich Nhat Hanh è affettuosamente chiamato, è in grado di riconoscere i volti familiari, è reattivo agli stimoli verbali e ha rallegrato tutti ricominciando a sorridere. Tuttavia non è in grado di parlare, il che indica un qualche grado di afasia, che è monitorata e che potrebbe evolvere favorevolmente grazie alla terapia. Di particolare importanza è l’accenno, nel comunicato emesso dalla comunità di Plum Village, al grande sforzo che Thay mette nelle sessioni di fisioterapia. Si registrano progressi giorno dopo giorno, gli assistenti vedendo come il maestro Zen svolge gli esercizi durante il giorno, hanno molto da imparare dalla sua determinazione.
Thay, be well, be happy and free from suffering!]