Dopo la morte di
Lord Darlington, Mr Stevens, suo maggiordomo per trentacinque anni, viene
acquistato, per così dire, insieme a
Darlington Hall, “una autentica, importante, antica dimora inglese”, di
cui è considerato un “autentico” elemento costitutivo, da Mr Farraday, un signore
americano. Questi, in procinto di recarsi negli Stati Uniti per “condurre a
termine diverse faccende” prima del trasferimento in Inghilterra, invita il
maggiordomo a prendersi “un po’ di riposo”, “a visitare questo vostro
meraviglioso paese”, gli mette a disposizione la sua Ford, e si offre di pagare
la benzina per il viaggio.
Mr Stevens accetta
il consiglio di allontanarsi “per alcuni giorni” da Darlington Hall, ma dopo
qualche resistenza dovendola lasciare disabitata “forse per la prima volta dal
giorno in cui fu costruita”, e intraprende quella che significativamente chiama,
con una parola piuttosto adatta a una direzione finora inesplorata, “la
spedizione”, giustificandola ai propri occhi con finalità di carattere
professionale, quale la messa a punto di un piano di lavoro e di
riorganizzazione del personale.
In tale prospettiva
si ripropone di visitare Miss Kenton, già governante della casa, dalla
professionalità e dedizione esemplari, il cui matrimonio è forse in crisi e che
ha lasciato trasparire in una lettera un sentimento di nostalgia e forse la
disponibilità a ritornare a Darlington Hall.
Nell’ultima tappa di
questa sua spedizione oltre i confini della grande tenuta a cui appartiene, che
lo porta per la prima volta attraverso la grande campagna inglese e attraverso
certi ricordi del passato che suscitano dubbi sulle sue scelte di vita, Mr
Stevens incontra Miss Kenton. Ella gli confida
(e “In verità -perché non dovrei ammetterlo?- in quel momento mi si
stava spezzando il cuore” ci dice Mr Stevens) che, sì, ci sono stati dei
momenti in cui si è domandata che tipo di vita avrebbe potuto avere con lui, ma
anche di essersi poi resa conto che il suo posto è accanto al marito, non si
può più mettere indietro l’orologio, né “stare perennemente a pensare a quel
che avrebbe potuto essere”.
Alla vigilia del
viaggio di ritorno, Mr Stevens si imbatte, nell’ora che precede il tramonto sul
molo di Weymouth, sulla costa occidentale dell’isola, in un pensionato che era
stato solo il domestico di una casa molto piccola, e che non si è certo formato
nel suo stesso ideale di “grandezza”, fatto di riserbo, di “controllo emotivo”
, e di “dignità”: per cui non si mette mai “da parte la figura professionale
per lasciare emergere la dimensione privata”.
Il pensionato, un tipo
allegro e cordiale, dalla panchina su cui siede declama a voce alta: “L’aria di
mare fa proprio bene…” e Mr Stevens forse facilitato da un certo senso di colleganza
professionale, sentendo però di poter essere accettato così com’è, gli apre con
sincerità e semplicità il cuore, oppresso specialmente dopo il chiarimento con
Miss Kenton da sensazioni di sfinimento e demoralizzazione: “..ho dato a Lord
Darlington il meglio di me. Gli ho dato tutto quanto avevo da dare, e adesso
-ebbene- adesso mi accorgo che non mi è rimasto molto altro da dare.”
“Dovete essere stato
molto attaccato a questo Lord comesichiama. E avete detto che sono tre anni che
è deceduto?” lo interpella volentieri il pensionato.
“Lord Darlington non
era una cattiva persona. Non lo era affatto. E almeno ha avuto il privilegio di
poter dire, alla fine della propria vita, di aver commesso i propri errori. Sua
signoria è stato un uomo coraggioso. Ha scelto un certo percorso, nella sua
vita, che si è rivelato un percorso sbagliato; ma era quello che aveva scelto,
così almeno può dire. Perché io, invece, non posso nemmeno asserire questo.
Vedete, io mi sono fidato. Mi sono
fidato della saggezza di sua signoria. Tutti gli anni nei quali sono stato al
suo servizio, ho creduto davvero di fare qualcosa di utile. Non posso nemmeno
affermare di aver commesso i miei propri errori. E davvero -uno deve chiedersi-
quale dignità vi è mai in questo?”
“Stà a sentire, amico
mio -ribatte il meno illustre collega- io non sono molto sicuro di capire fino
in fondo quello che dici. Ma se mi chiedi che cosa ne penso, ti dirò che il tuo
atteggiamento è tutto sbagliato, capisci? Smettila di guardarti indietro
continuamente, altrimenti non puoi far altro che essere depresso.” E aggiunge:
“Bisogna essere felici. La sera è la parte più bella della giornata. Hai
concluso una giornata di lavoro e adesso puoi sederti ed essere felice. Ecco
come la vedo io.”
Dopo che il suo
compagno si è allontanato Mr Stevens riprende la riflessione: “..forse allora
vi è del buono nel consiglio secondo il quale io dovrei smettere di ripensare
tanto al passato, dovrei assumere un punto di vista più positivo e cercare di
trarre il meglio da quel che rimane della mia giornata. Dopotutto che cosa mai
c’è da guadagnare nel guardarsi continuamente alle spalle e a prendercela con
noi stessi se le nostre vite non sono state proprio quelle che avremmo
desiderato? La dura realtà è certamente il fatto che per quelli come voi ed io,
vi è ben poca scelta che porre in definitiva, il nostro destino, nelle mani di
quei grandi gentiluomini che sono al centro del mondo, i quali impiegano i
nostri servizi. Che ragione c’è di preoccuparci troppo circa quello che avremmo
o non avremmo potuto fare per controllare il corso che la nostra vita ha preso?
Di certo è sufficiente che quelli come voi e come me almeno tentiamo di offrire il nostro piccolo
contributo in favore di qualcosa di vero e di degno. E se alcuni di noi sono
pronti a sacrificare molto, nella propria vita, al fine di perseguire tali
aspirazioni, ciò sicuramente rappresenta in sé, quali che siano i risultati che
ne derivano, motivo di orgoglio e di felicità.”
E, impressionato da
come le persone a passeggio sul molo conversino, ridano, e dal calore umano che
si crea nella “aspettativa della serata che li attende”, immagina che esso
possa avere a che fare con lo scambiarsi battute scherzose e decide di
dedicarsi con rinnovato impegno a potenziare la propria capacità di
pronunciarne, per essere in grado di fare “una piacevole sorpresa” a Mr
Farraday.
“Quel che resta del giorno”,1989, è un romanzo
scritto da Kazuo Ishiguro, da cui è stato tratto per la regia di James Ivory, con
Emma Thompson e Anthony Hopkins, un film che ne porta il titolo ma in qualche
modo lo tradisce, ignorando l’incontro sul molo tra le due persone di servizio.
Mr Stevens il grande maggiordomo di Darlington Hall, e l’anonimo domestico-maestro,
dai modi franchi e diretti, che gli ha offerto perché possa asciugarsi le
lacrime, il suo fazzoletto - “con cui mi sono soffiato il naso stamattina una
sola volta”-, e aggiunto qualche indicazione per “che cosa fare di quel che
resta del giorno”.
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