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sabato 11 giugno 2016

Filastrocca dei mutamenti







«Aiuto, sto cambiando!» disse il ghiaccio
«Sto diventando acqua, come faccio?
Acqua che fugge nel suo gocciolìo!
Ci sono gocce, non ci sono io!»
Ma il sole disse: «Calma i tuoi pensieri
Il mondo cambia, sotto i raggi miei
Tu tieniti ben stretto a ciò che eri
E poi lasciati andare a ciò che sei»
Quel ghiaccio diventò un fiume d’argento
Non ebbe più paura di cambiare
E un giorno disse: «Il sale che io sento
Mi dice che sto diventando mare
E mare sia. Perché ho capito, adesso
Non cambio in qualcos’altro, ma in me stesso»
di Bruno Tognolini, Le Filastrocche della Melevisione, Carlo Gallucci Editore


Il cambiamento può ispirare paura o ansia e quando ne siamo posseduti ci facciamo piccoli piccoli e ci chiudiamo in uno stato di confusione o di impotenza. 
Rimpiangiamo il passato che resta solido perchè non si muove più, siamo rigidi, cerchiamo sicurezze nella rigidità, e non vediamo i colori cangianti della vita. 
Il poeta ci invita alla calma, a distogliere lo sguardo dal ghiaccio che ferisce e acceca, a familiarizzarci con il lasciare andare e ad avere fiducia, a scioglierci e a riconoscere: "... sto diventando mare e mare sia."




sabato 6 febbraio 2016

Le benedizioni dell'universo




Il maestro zen Kōdō Sawaki ha detto:

Il cielo e la terra fanno doni. Aria, acqua, piante, animali ed essere umani fanno doni. Tutte le cose fanno doni le une alle altre. E’ solo in questo reciproco donare che possiamo vivere. Che lo riconosciamo o no, è così.


Senza dover chiedere “Dammi!”, facciamo o riceviamo doni. Il mondo in cui doniamo e riceviamo doni è un mondo sereno e bello. Si differenzia dal mondo della lotta per appropriarsi delle cose. E’ vasto e sconfinato.

da Kōdō il Senza Dimora, Ubaldini Editore, 2015








martedì 9 giugno 2015

Segui il corso dell'acqua







Che cosa ci "spinge a riproporre sempre le solite modalità", benchè nei momenti di consapevolezza non ne siamo per niente persuasi, benchè così facendo ci incartiamo, andiamo in confusione, in complicazione, in colluttazione, con noi stessi e con la realtà; che cosa ci spinge?

Ci spinge la forza chiamiamola d'inerzia, delle abitudini, di una "perversa familiarità" con il passato che abita nei recessi del cuore (e che va in senso inverso alla forza del cambiamento e alla fiducia) e mette in luce che la nostra pratica non è sveglia e viva.

E ci spinge l'orgoglio, cioè un attaccamento penoso e masochista a una identità, probabilmente obsoleta, da lasciare andare... con una espirazione, inchinandosi energicamente e con umiltà al momento presente.

E' tutto qui, ed è così semplice, ma non facile da realizzare; occorre proprio volerlo, la liberazione è una pratica che comprende l'intenzione e lo sforzo.

Il maestro Zen Ta-mei Fa-ch'ang, nella Cina tra la fine dell'ottavo e i primi decenni del nono secolo, abitava in una capanna d'erba nel fondo della montagna, si vestiva di foglie di loto giganti e si cibava di pinoli. Una volta un prete che si era perso gli chiese del sentiero per il villaggio, Ta-mei rispose: “Segui il corso dell’acqua.”

Questo significa, dice la maestra Zen Shundo Aoyama, che se sem-pli-ce-men-te seguirai l'acqua troverai la strada per uscire dalle montagne.

Non spingere l’acqua, né frenarla, non alterarne il corso e neppure costruire dighe, devi sem-pli-ce-men-te fluire senza intoppi e senza creare ostacoli.