Che cosa ci "spinge a riproporre
sempre le solite modalità", benchè nei momenti di consapevolezza non ne
siamo per niente persuasi, benchè così facendo ci incartiamo, andiamo in
confusione, in complicazione, in colluttazione, con noi stessi e con la realtà;
che cosa ci spinge?
Ci spinge la forza chiamiamola
d'inerzia, delle abitudini, di una "perversa familiarità" con il
passato che abita nei recessi del cuore (e che va in senso inverso alla forza
del cambiamento e alla fiducia) e mette in luce che la nostra pratica non è
sveglia e viva.
E ci spinge l'orgoglio, cioè un
attaccamento penoso e masochista a una identità, probabilmente obsoleta, da
lasciare andare... con una espirazione, inchinandosi energicamente e con umiltà
al momento presente.
E' tutto qui, ed è così semplice, ma
non facile da realizzare; occorre proprio volerlo, la liberazione è una pratica
che comprende l'intenzione e lo sforzo.
Il maestro Zen Ta-mei Fa-ch'ang,
nella Cina tra la fine dell'ottavo e i primi decenni del nono secolo, abitava
in una capanna d'erba nel fondo della montagna, si vestiva di foglie di loto
giganti e si cibava di pinoli. Una volta un prete che si era perso gli
chiese del sentiero per il villaggio, Ta-mei rispose: “Segui il corso dell’acqua.”
Questo significa, dice la maestra
Zen Shundo Aoyama, che se sem-pli-ce-men-te seguirai l'acqua troverai la
strada per uscire dalle montagne.
Non spingere l’acqua, né frenarla,
non alterarne il corso e neppure costruire dighe, devi sem-pli-ce-men-te fluire
senza intoppi e senza creare ostacoli.
Grazie Michele!
RispondiEliminaGRAZIE ,HO TROVATO LE PAROLE
RispondiEliminaDI CUI AVEVO BISOGNO ORA , HO CERCATO QUI DA TE
SAPEVO CHE AVREI TROVATO CONFORTO