Quello di sostanza (lat.substantia, gr.hypostasis, hypokeimenon, ousia) è di certo il concetto
fondamentale del pensiero occidentale. In Aristotele designa ciò che è stabile
in ogni cambiamento. La sostanza è costitutiva dell’unità e dell’identità
dell’ente. Il verbo latino substare (letteralmente:
stare sotto), da cui deriva substantia,
significa anche “resistere”, “sostenere”. Stare
viene inoltre usato nel senso di “ritenersi, affermarsi, tenere testa”. Nella
sostanza è dunque insita l’attività del persistere e insistere. Essa è il
medesimo, l’identico, che insistendo in se stesso si delimita rispetto ad altro e con ciò si afferma. Oltre a
“fondamento” o “essenza”, hypostasis significa
anche “resistenza” e “fermezza”. La sostanza sta, per così dire, fermamente in se stessa: in essa è inscritta la
tensione verso se stessa,
l’aspirazione a possedersi. Ousia,
nell’uso corrente, vuol dire “patrimonio, possesso, proprietà, tenuta” o
“proprietà fondiaria”. La parola greca stasis,
poi, non significa solo “stare”, ma anche “rivolta, insurrezione, conflitto,
discordia, contesa, inimicizia” e “partito”. Questo atrio linguistico del
concetto di sostanza, di certo si basa su un movimento non pacifico o
amichevole, lo prefigura in modo congeniale. La sostanza si basa su un
movimento di separazione e distinzione; delimita una cosa dall’altra, mantiene
ogni cosa nella sua identità con se stessa. La sostanza non è perciò concepita
per l’apertura, bensì per la chiusura.
Sūnyatā (vacuità), il concetto centrale del buddhismo,
rappresenta per molti aspetti il concetto opposto a quello di sostanza. La
sostanza è per così dire piena: essa
è ricolma di sé, del proprio (Eigen). Sūnyatā indica invece un movimento di es-propriazione (Ent-Eignung),
ovvero svuota l’ente che si ostina in se stesso, che si irrigidisce in se
stesso o in se stesso si chiude. Lo immerge in una apertura, in un’aperta
vastità. Nel campo della vacuità nulla si condensa in una massiccia presenza.
Nulla si basa esclusivamente su se stesso.
da Filosofia del buddhismo zen, di Byung-Chul Han, edizioni nottetempo