In tanti siamo portati dall'egocentrismo e dall’autoreferenzialità a trascurare l’attenzione alla qualità della presenza consapevole nelle relazioni con familiari, amici, compagni di pratica, colleghi e a concentrarci con maggiore o minore devozione sul nostro bozzolo. E qualcuno di noi ha la capacità di imbozzolarsi così impermeabilmente da non percepire più la presenza altrui se non quando la propria è ormai per gli altri diventata una assenza. E’ proprio il caso di ripetersi più frequentemente l’invito della maestra Pema Chōdrōn: “Datti una chance di venir fuori dal tuo bozzolo.”
La pratica della meditazione se non è
una fuga dal mondo o un desiderio di rinascita fondato su respingimenti e
rifiuti di qualcosa di noi stessi che non ci piace, potrebbe rappresentare un mezzo abile nelle nostre mani e una buona occasione per aprirsi alla vita.
«Siamo creature di sensazioni e possiamo diventare habitués di
particolari sensazioni preferite (di
qualunque tipo) e pronti a smuovere cielo e terra per procurarcene l’esperienza»
ha detto John Garrie, maestro zen.
Con la coltivazione della consapevolezza possiamo capire come, portati dalla lunga familiarità con le sensazioni preferite, siamo condizionati a incrementarne la frequenza e l’intensità.
E così trascuriamo l'attenzione alle facce più creative e innovative della
nostra esperienza, l’esplorazione delle nostre potenzialità, e il coraggio di uscire
dal chiuso di abitudini e di paure.
“Vieni
fuori dal bozzolo!”, "Che io possa uscire dal mio bozzolo", ecco l'augurio che faremmo bene a rivolgere a noi stessi per il Natale e il Nuovo Anno!