Talvolta
ci rendiamo conto di stare pensando pensieri che partono da circostanze
improbabili e persino da sciagure e disgrazie, specialmente altrui, e finisce che portano a
un nostro guadagno o successo...
E’
allora il momento di prendere atto che una formidabile, molto sottovalutata e
inconscia forza d’inerzia, che si nutre da sempre di “io” e di “mio”, mi
propina di continuo l’illusione di me stesso come entità indipendente dotata di
sostanza e di durata illimitata.
Immaginiamo
occasioni e combinazioni favorevoli per realizzare desideri e questi mettono in
moto altri pensieri che spesso indirizzano energie e prospettive verso
orizzonti angusti e tossici.
E se ce
ne accorgiamo non è perché siamo esseri razionali, questo viene dopo, se viene,
ma probabilmente grazie a una pratica di consapevolezza che ci porta a
intravvedere quel che è sepolto nel profondo e avvolto nelle morbide e sonnolenti
coltri del torpore.
a proposito di pensare compulsivo, ecco un contributo da... Samoa!
RispondiElimina“LA GRAVE MALATTIA DEL PENSARE”
E’certamente vero che adoperiamo poco la conoscenza, quel che il Papalagi chiama «pensare». Ma c'è da chiedersi se stupido è chi pensa poco, o chi pensa troppo. Il Papalagi pensa in continuazione. La mia capanna è più piccola della palma. La palma si piega sotto la tempesta. La tempesta parla con voce grossa. Così pensa: naturalmente a suo modo. Pensa però anche a se stesso. Sono cresciuto poco. Il mio cuore è sempre felice alla vista di una fanciulla. Amo molto viaggiare. Eccetera.
Ciò è divertente e buono, e può essere che abbia anche una qualche utilità nascosta per chi ama fare questo gioco nella sua testa. Ma il Papalagi pensa così tanto che pensare per lui è diventata un'abitudine, una necessità, addirittura un obbligo. Riesce solo con difficoltà a non pensare e a vivere con tutte le sua membra insieme.
Spesso vive solo con la testa, mentre tutti i suoi sensi sono profondamente addormentati. Anche se va in giro, parla, mangia e ride. Il pensare, i pensieri, che sono i frutti del pensare, lo tengono prigioniero. È una specie di ubriacatura dei suoi pensieri. Quando il sole splende bene nel cielo, pensa subito: «Come splende bene!». E sta sempre lì a pensare come splende bene. Ciò è sbagliato. Sbagliatissimo. Folle. Perché quando splende è meglio non pensare affatto. Un abitante delle Samoa intelligente distende le sue membra alla calda luce e non sta a pensare niente. Accoglie in sé il sole non solo con la testa, ma anche con le mani, i piedi, le gambe, la pancia, con tutte le membra. Lascia che la pelle e le membra pensino da sole. E queste da parte loro pensano, anche se in modo diverso dalla testa. Il pensare sbarra il cammino al Papalagi in molti modi, come un blocco di lava che non si può scansare. Pensa lietamente, ma poi non ride; pensa cose tristi, ma non piange. Ha fame, ma non coglie frutti di taro. È per lo più un uomo con i sensi che vivono in inimicizia con lo spirito: una persona che è divisa in due parti.
da, Papalagi. Discorsi del capo Tuiavii di Tiavea delle Isole Samoa
può essere proprio una grave malattia quella del pensare e tormentosa, come dimostra l'espressione della famosa statua "Il pensatore" di Rodin, che è tutto contorto e aggrovigliato in pensieri che non riesce a digerire...
RispondiEliminaciao, stiamo spensierati!