sabato 29 ottobre 2016

L'offesa al maestro










Dice Levinas: ‹‹ L’offesa fatta al maestro è diversa da qualsiasi altra. Ma l’altro non è sempre, in un grado qualunque, vostro maestro?››

da Quattro letture talmudiche, il melangolo










venerdì 14 ottobre 2016

Una storia zen






Montali, ritiro di autunno, 7-9 ottobre
Vedere durante il ritiro Hinnerk che estirpava erbacce con calma e cura mi ha riportato alla mente i giorni in cui roncola alla mano battagliavo senza tregua contro gli ailanti infestanti il terreno intorno casa contando di potermene liberare una volta per tutte. Quindi, di pensiero in pensiero, mi sono ricordato del racconto della monaca Zen Shundo Aoyama che non riuscendo a tener dietro al ritmo incessante di crescita delle erbacce sul terreno antistante il suo tempio, Muryo-ji, fece ricorso a un diserbante.
foto di Hinnerk Brockmann
“Doveva essere un diserbante potente” –inizia la sua riflessione.
Per molti mesi il terreno restò arido e senza vita, non cresceva niente, nè erbacce, nè muschio, nè altro.
Quella vista intristì Aoyama e la fece pensare alla presunzione umana.
Prese così a pregare le erbacce di ritornare, non importa quanto estenuante potesse poi essere il doverle tirar via a mano: ‹‹Buona Terra. Ritorna presto alla vita e dai vita alle erbacce.››

“Esseri vivi è meraviglioso. Sbocciano i bei fiori e crescono le erbacce perché sono vivi. E’ l’egoismo umano che considera buoni i fiori e cattive le erbacce. La colpa non è loro. Il Maestro Zen Dogen disse: ‹‹Un fiore cade, anche se lo amiamo, e l’erbaccia cresce anche se non l’amiamo.›› Gli uomini sono una seccatura per le piante. Se solo mettessero da parte i criteri egoistici e guardassero attentamente ai fiori e all’erba, si vedrebbe che il cielo e la terra benedicono la vita di ogni fiore e stelo d’erba, e che queste cose sono meravigliose. Così è con gli esseri umani. Poiché vivono gli uomini sperimentano guadagno e perdita, amore e odio, gioia e rabbia, sollievo e dolore. Ciascuna di queste esperienze è un importante utensile nelle nostre insostituibili vite.”






sabato 1 ottobre 2016

Il tesoro








Un giorno un vecchio saggio e buono
mi incoraggiò a trovare il tesoro

Ero un giovane serio e leale
all’ideale più elevato e senza posa
per anni ho scavato nel campo
fino a che allo stremo
e prossimo a morire gli attrezzi
mi caddero di mano

In quell’istante il buio
si aprì con un lampo
e vidi dove mi avevano spinto
l’avidità e l’accanimento

E vidi anche il tesoro
che prima non vedevo
e non è altro che il vedere
che non c’è altro tesoro
che il vedere davvero

quel che vedo qui e adesso

Poesia inedita, di Michele Colafato