La
vita di famiglia offre mille occasioni di pratica. Qualcuno è triste, qualcuno è
scontento perché ritiene di aver subìto un torto a scuola, qualcuno si sente
ingiustamente preso di mira dalla cattiva volontà degli altri o dalla cattiva
sorte e spesso tutti ritengono che dipenda naturalmente da loro (gli altri, il mondo)
cambiare atteggiamento e comportamento. Controproducente sdrammatizzare con chi
si sente perseguitato. Inutile far presente che sarà oltremodo difficile trovare giustizia se si è arrabbiati. Talvolta offrire il proprio ascolto alle
lagnanze e rimostranze di figli, fratelli, coniugi, parenti è oltremodo
rischioso perché se non si è fino in fondo animati da pazienza e compassione possiamo
finire risucchiati nel malumore diffuso e gettare sul piatto della bilancia
anche il nostro carico di scontentezza.
Ascoltare
è un bel dono ma –diceva Suzuki roshi- succede che senza neppure accorgercene smetto
di ascoltare non appena chi parla cessa di essere d’accordo con me. E
rieccomi allora, ancora una volta, alle prese con l’io, che con uno scatto veloce o
una manovra avvolgente ha riconquistato il centro della scena, con tutto il suo carico di isolamento e di frammentazione che porta confusione.
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