Oggi è una di quelle giornate
disperate in cui la depressione mi fa vedere tutto nero. Mi toglie la forza di
fare qualsiasi cosa, so che dovrei reagire, ma mi sento così schiacciata e
oppressa e sola che riesco soltanto a vedere tutto nero e non ho neanche la
forza di meditare.
Mi chiedo quanto può durare
questo stato, che mi pare senza via di uscita, so che passerà, ma intanto mi
spaventa. Mi chiedo allora cosa può veramente succedermi e di cosa ho paura, e
se sono codarda io nel non volerne uscire fuori o se devo solo sopportare e
avere fiducia che passerà.
Spesso però mi è successo che quando
decido di prendere di petto le situazioni, di impasse, di nero totale, o di
paura, riesco solo a peggiorare le cose.
Mi sento come se camminassi su
un burrone e che posso precipitare da un momento all'altro.
Forse sarei più tranquilla a
vederla diversamente, e cioè che nel burrone ci sono già, che non posso andare
più giù ma posso solo aspettare, senza paura e con fiducia, che tornino le
forze per la risalita.
Il punto è proprio lavorare per
non lasciarmi travolgere dalla paura e dalla sfiducia. Ma non mi sento
obbligata a uscire di casa se non ne ho
voglia o a fare qualcosa di concreto. Può essere utile, mi rendo conto, ma per
ora non ne sono capace.
In periodi così mi identifico totalmente con quello che sento, ne sono
consapevole ma non riesco a trovare la MIA via per lasciar andare un
po' di più.
Davvero non c'è altro da fare
che osservare questa identificazione totale e accettare la sofferenza che
provoca? Cioè, può bastare?
"Veramente, non c'è altro da fare che
accettare la sofferenza?"
Finché aggredisco il buio e l'oscurità con il desiderio che
finiscano portandosi via sofferenza, isolamento, depressione, le mie energie sono
bloccate da questo sforzo e l'universo mi si chiude addosso. Invece, l'accettazione del buio, dell'oscurità, del nero, senza
riserve, senza se e senza ma, il dire sì, l’accettare di toccare il fondo,
stiamo quanto più rilassati possiamo nella condizione in cui siamo, respiriamo essendo presenti,
questa accettazione aperta dischiude uno spiraglio alla luce e all'inaspettato che alberga in noi stessi e che
aspetta questa apertura per manifestarsi.
Non so se questo può "bastare", come dici
tu.
Ma, bastare a che cosa?
"Essere quanto più
rilassati nella condizione in cui siamo" è una frase che sento vera e
buona per me, perchè mi calma subito,
perchè non ha pretese e perchè mi dice che va bene anche così.
Sento che devo praticare su
questo e con questo.
In una poesia di David Whyte (che ho letto citata da Frank Ostaseski) si dice:
"La notte ti darà un orizzonte
più lontano di quanto tu non riesca a vedere.
Qualche volta ci vogliono l'oscurità e
la dolce prigionia della tua
solitudine per imparare
che qualunque cosa o chiunque
non ti renda vivo
è troppo piccolo per te."