Nel secondo Sefer Torah incontriamo un verso della Parashat HaChodesh : “…e osserverete (vigilerete) le
matzòt…” (Shemòt; 12, 17), nel quale il commentatore Rashì ci invita a non
leggere matzòt, bensì mitzwòt, in virtù dell’omografia delle due parole che
hanno in ebraico le stesse consonanti. “…come non devi lasciare ferme le azzime
a lievitare così non dobbiamo lasciare fermentare una mitzwah che ci capita di
eseguire…”.
In questo senso la matzah, per Rashì, diventa il paradigma
di ogni mitzwah la cui dimensione è essenzialmente la solerzia. I cambiamenti e
le trasformazioni, di cui Pesach è simbolo, passano quindi attraverso
un’operosità veloce. Ci sono situazioni in cui le analisi dettagliate e gli
approfondimenti concettuali possono determinare una lievitazione eccessiva che
rischia di trasformare tutto in un ebraismo immobile caratterizzato e
contaminato da troppe sovrastrutture ideologiche. Il chametz, del resto, non è
forse una matzah che ha “riposato” troppo?
rabbino Roberto Della Rocca, da Pagine Ebraiche
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