Rotonda terra; scena che
si ripete,
in te, del saluto serale:
consuetudine
mia planetaria, con te e
i tuoi tramonti:
trasalimento, di tegola
in tegola,
del mio vivere che se ne
va col tuo
trapassare, lume diurno,
lento,
sul tetto davanti casa; e
mio formarsi,
intanto, un petto come di
colomba;
e metter piume amorose
per la notte
che viene; ravvolgermi
unitario
con essa: pigolìo
interiore; perdita
dell’umano: divenir mio
universale.
Carlo Betocchi, da Poesie del sabato,
Mondadori, 1980
“La sua
vecchiaia poetica è stata splendida come poche” scriveva Gianfranco Palmery, in
onore di Betocchi, su ARSENALE , n.11-12, luglio-dicembre 1987. “Con che rigore e nuova complessità ha
riguardato alla sua «musa fragile», rinnovandola. Il canto, che era andato
negli anni aprendosi al racconto, al poetare raccontando «cose di sé, o
trapassate» (e l’esempio di Kavafis non è stato per lui senza peso), si è
riempito di un vigore nuovo..”
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