venerdì 11 settembre 2015

Consapevolezza e Pace Interiore





Il non restare attaccati al fastidio e all’irritazione è un chiaro sintomo di pace interiore (vedi su questo blog il post del 14/09/2013).    


Ad esempio sediamo in meditazione e non avendo spento il cellulare  -magari perché riteniamo che nessuno debba osare disturbarci, in quanto non è stato autorizzato- siamo costretti a interrompere la seduta e rispondere. Ammettiamo che il punto di partenza dello spiacevole evento è un torreggiante e minaccioso senso dell’io che crede nella propria importanza e considera sacra la propria agenda. Dal call center ci assaltano con una speciale offerta e noi, a difesa della nostra pace interiore, abbiamo uno scatto di aggressività, magari si tratta della stessa offerta che da un altro call center ci hanno proposto soltanto ieri sera. Diverso sarebbe se la telefonata fosse di congratulazioni e di rallegramenti per i post che appaiono su questo blog...


Ritornando a sedere ci rendiamo conto -ed è un segnale positivo, di consapevolezza- che il fastidio si è trasformato in resistenza a stare nel momento e nell’esperienza del momento e ci ritroviamo a rimuginare su quanto è accaduto, così  da ritrovarci ben presto impigliati nei più assurdi pensieri, naturalmente negativi, di tipo sociale, politico, culturale, e personale, che mettono in moto associazioni di altri pensieri, ricordi e sensazioni, tendenzialmente ossessivi e paranoici.
Tutto questo è attaccamento e frutto dell’attaccamento.


Quando invece lasciamo andare il fastidio e non ci impantaniamo nel conflitto la porta è aperta per ritornare senza strattoni e con gentilezza alla originaria intenzione di pratica e capire che non è poi così impossibile seguire la corrente e gioire momento per momento del cammino.




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