Quanto
male fanno le parole non buone, che non nascono dall’attenzione e dalla
benevolenza nè dalla fiducia e creano molti equivoci e pregiudizi. Parole intrise di amarezza
che lasciano l’amaro in bocca.
Eppure
ricordandole spesso siamo presi da una torpida indulgenza nei nostri stessi
confronti, come fossimo in diritto di dire certe frasi in nome del fatto che in
fondo non ci crediamo veramente, che abbiamo parlato per inerzia, che ci siamo
lasciati catturare dal discorso...
Quando
poi la sensazione di gravità di quanto abbiamo detto ci colpisce, possiamo scoprire di
essere già stati presi dall’urgenza del condono, del fare ammenda, e già inconsapevolmente
spinti alla ricerca di meriti o distrazioni che cancellino il nostro disagio.
In
questo modo tuttavia sciupiamo una occasione preziosa.
Il
seme dell’amarezza può dare buoni frutti ma ha bisogno di essere pienamente accolto
e compreso nel suo movimento che nega la realtà.
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