A
volte, nel mezzo delle ordinarie attività della vita quotidiana, ricordo il mio
maestro di zen, John Garrie. E lo ricordo, più che per i discorsi, per quelle informali
osservazioni e i richiami che stanno a indicarmi che in ogni momento ho qualche
possibilità di riflessione e di scelta sul cammino. Se lasciarmi incantare, o angosciare, dal canto delle sirene oppure accogliere la realtà così com'è, anche l'ansia l'incertezza il disagio, accettare senza trattenere, e comprendere. Posso sempre in qualche misura cambiare l'energia mia e dell'ambiente in cui entro e posso prestare attenzione a questi cambiamenti.
Talvolta mi ritrovo al fianco John che mi dice: “I see you want to play it safe”. Oppure:
“Now you become negative, again”.
Queste
frasi mi toccano profondamente, mi riportano al clima di sollecitudine
affettuosa e non giudicante di John, e nel raggio di un contatto che
è stato e che è ancora vitale.
Il
“vuoi andare sul sicuro”, come il “diventi di nuovo negativo”, mi mettono di
fronte al fatto che la pratica di consapevolezza è un esercizio di
attenzione e di benevolenza, diretta in primo luogo a noi stessi, riguardo all’uso che
immaginiamo e che facciamo delle nostre energie e delle nostre possibilità.
Vedendo
la nostra cocciuta propensione a ricadere nelle vecchie abitudini i maestri ci
richiamano a non dare per scontato che le cose debbano andare sempre nello
stesso modo, e a non guardarle come se non possano che prendere la stessa e
ben nota piega.
Ci
risvegliano a non subire gli eventi, a non cadere in una improduttiva e
autolesionistica reattività. A trovare il modo per essere presenti alla nostra
vita accogliendola. A “non cercare la liberazione in quello che vedi ma in come lo guardi.” E a capire il valore liberatorio del momento in cui si può
invertire una tendenza e un carattere.
John Garrie rievocava così
il suo primo incontro con il maestro H.Saddhatissa: “irradiò
buon umore e gentilezza a beneficio di tutti i presenti, a dimostrazione di
quello che è l’aspetto principale dell’insegnamento buddhista, molto al di là di
quanto possono dire le sole parole” e concludeva il ricordo con una espressione che so di poter riferire a lui stesso: “il
Buddhadhamma vive nelle sue azioni, parole e atmosfera di amorevole gentilezza.”