venerdì 23 ottobre 2015

Amo gli occhi tuoi, amica mia









Martyska



Nella scena finale del film di Andrej Tarkovskij, la figlia di Stalker, Martyska, è seduta davanti a un tavolo dal ripiano di marmo, con gli occhi sul libro che regge tra le mani.
S’ode il fischio di una locomotiva.
Vagano nell’aria piccoli fiori bianchi, forse lanugine, o neve?

Martyska poggia il libro sulle ginocchia e recita a memoria, mentalmente, la poesia di Fëdor Ivanovič Tjutčev (1803-1873):

“Amo gli occhi tuoi, amica mia,
il loro gioco, splendido di fiamme,
quando li alzi all'improvviso
e, con un fulmine celeste,
guardi di luce tutt'intorno.

Ma c'è un fascino più forte:
gli occhi tuoi rivolti in basso,
negli attimi di un bacio appassionato
e, fra le ciglia semichiuse,
del desiderio il cupo e fosco fuoco.”

Martyska volge gli occhi alla finestra.
Poi li riporta sul tavolo e con lo sguardo spinge un bicchiere facendolo scivolare.
Si ode mugolare il cane che ha seguito Stalker dalla Zona.
Martiska lo guarda. Riprende a spingere il bicchiere con gli occhi fin quasi all’orlo del tavolo.

Infine, appoggiata la testa sul tavolo, si concentra su di un altro bicchiere e lo spinge con lo sguardo fino a farlo cadere sul pavimento. 







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