Risvegliarsi
alla realtà dell’attaccamento, ed esplorarne la profondità, caparbietà, vischiosità
-così evidente nelle vicende familiari e in quelle professionali, dove l’aprirsi
al cambiamento e lasciar andare dipende da te, e ti puoi sempre aspettare da te
stesso una giravolta che ti riporta al punto di prima. Così che preferiresti talvolta essere obbligato, non avere scelta, e che sia qualcuno o qualcosa che
ti metta di fronte al “non ce n’è più”, “è così”, “è finita”...
Eppure
il risvegliarsi è nel segno della positività, puoi vedere le cose come sono, puoi
vivere e testimoniare i testacoda dei pensieri, gli alti e bassi, gli attacchi
di ansia, l’avanti e indietro, scoprirti attaccato al consueto e nello stesso
tempo desideroso di libertà, di fuoriuscita dall’abitudinario, curioso di
saggiare più a fondo te stesso...
Risvegliarsi
alla spinta del voler conoscere in anticipo il futuro e di programmarlo, del sentire
l’incertezza come stress, del rifiuto di onde e di scossoni...
E,
anche, lo scoprire pur tra la fatica e i dubbi che la via dell’esplorazione è
una via di attenzione e di presenza alla vita -“io ci sono”, non sono uniformato
e silenziato, posso provare a vedere e a conoscere direttamente...
Vivere
il tempo del cambiamento non come deriva, nel segno della paura del peggio, ma come
tempo di apertura, di esplorazione, di osservazione, di approfondimento e di
maturazione grazie alla stabilità offerta dalla pratica dell’attenzione, della
consapevolezza e della fiducia.
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