Talvolta ci ritroviamo –a chi
non è capitato?!- a tuonare con piglio trionfante: “Questa è la verità”, trascurando
del tutto che è, al massimo, la mia verità... Nel senso che posso avere,
intenzionalmente o in preda alla confusione, taciuto o trascurato quel dettaglio
che imporrebbe di completare o riformulare il giudizio che mi ha spinto a dire
“questa è la verità” -e anche nel senso che, quale che sia la mia affermazione, essa non può che riflettere il mio attuale stato d’animo, il mio sentire, la
mia mente, nei confronti dei miei interlocutori e di me stesso.
E una verità urlata con
rabbia, o intrisa di odio, brandita come un’arma, che tipo di verità è? Se
attribuiamo alla verità la qualità di ciò che è buono, può forse ambire a tanto
una cosiddetta verità che spaventa, offende, umilia, e non arretra davanti alla
distruzione dell’altro?
Allora voglio cercare di
capire cosa c’è, di mio, in una siffatta verità.
Orgoglio, senso di superiorità, voglia di rivalsa, insoddisfazione rovesciata o riscattata... Oppure, valutando la mia esperienza, posso affermare che la verità che annuncio approfondisce la conoscenza di me stesso nel senso della integrazione o della liberazione da condizionamenti che onestamente riconosco come miei...
Orgoglio, senso di superiorità, voglia di rivalsa, insoddisfazione rovesciata o riscattata... Oppure, valutando la mia esperienza, posso affermare che la verità che annuncio approfondisce la conoscenza di me stesso nel senso della integrazione o della liberazione da condizionamenti che onestamente riconosco come miei...
Non intendo rinunciare alla
verità in nome del relativismo o del quieto vivere, bensì onorare quel processo
di realizzazione interiore che va sotto il nome di ricerca della verità e che
implica sempre il rispetto della dignità umana, la tranquillità e il non
attaccamento al risultato.
Un approccio consonante con
quanto mi sta a cuore l’ho trovato in Rondo’,
un bel romanzo di fine Novecento, dello scrittore di origine, e di lingua,
polacca Kazimierz Brandys:
«Male» bisbigliò,
«lei si è comportato male». Io mi sedetti sul bordo di uno sgabello da cucina,
sorbendo in silenzio la tisana. Non l’avevo mai vista tanto triste. «Non parla
con nessuno, poverina, non riesce a mangiare né a dormire. Perché l’ha
spaventata così?» bisbigliò la signora Lala triturando con le sue manine una
sigaretta piena di pessimo trinciato. «Ho dovuto dirle la verità» sospirai profondamente, «lei mi deve
capire». La signora Lala mi fissò scandalizzata: «La verità? E cosa c’è di più
facile che dir la verità? La verità esiste per esser risparmiata agli altri. E’
tra noi come dicono le Sacre Scritture... Un uomo buono e onesto non dice la
verità, è sufficiente che la rispetti. In silenzio, come si rispetta il Signore
Iddio».
da Rondò di Kazimierz Brandys, p.327, edizioni e/o
Nessun commento:
Posta un commento