Mi sembra sempre di
essere altrove, sono concentrato su me stesso e non mi accorgo degli altri.
Vorrei essere più vicino, più partecipe, ma non sono capace di rinunciare al
mio programma. Si dice "ama il prossimo tuo come te stesso" ma come
si fa ad amare sul serio se l'Io prepotente prende il sopravvento? Vivere
secondo principi spirituali è una fatica, richiede attenzione e rinunce, ma
vivere senza è ancora peggio mi porta alle soglie dell'inferno.
Non insistere sul “non sono capace” perché non c’è un’asticella
da superare per arrivare dall’altra parte. Insistere sull’incapacità porterà
alla costruzione di un complesso di colpa e di impotenza.
Accogli la sensazione di incapacità, sii capace di essere
incapace.
Se la sensazione di incapacità permane non respingerla fuori
dalla porta, non maledirla, così facendo la rafforzi e la costringi a
ritornare.
Tu dirai: ma ritorna, comunque. E allora è così, le cose
stanno così, è ritornata. E’ ritornata e sto attento alla sua presenza. Questa
attenzione, non impaziente, fiduciosa quanto possibile, che è tutta nel
presente e non ipoteca il futuro è l’atteggiamento retto quando siamo alle
prese con una sensazione di potente incapacità. Un atteggiamento contemplativo,
non giudicante, affettuoso.
Rendersi conto che in una specifica situazione avremmo
potuto agire, parlare, pensare in maniera meno ego-centrata è già un principio
attivo di vita spirituale. E’ un ritornare a casa dall’altrove. Occorre
lasciare da parte, per il momento, i comandamenti e i precetti e stare con la
massima continuità di cui siamo capaci con la sensazione che è venuta a farci
visita. La consapevolezza di questa sensazione rappresenta una interruzione
della prepotenza e dell’ignoranza dell’io. In sua presenza non siamo prepotenti
né ignoranti. E siamo lontani dall’inferno.
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