Nella rapida successione dei giorni e delle settimane, nell’alternanza
di alti e di bassi lanciamo all’altro uno sguardo per lo più primitivo e
ignorante.
Perché “primitivo”? Perché cerchiamo nell’altro piacere o dispiacere,
gratificazione o rigetto. Ci basta così, e questa è ignoranza.
Ma l’altro, come possiamo imparare, se ci fermiamo ad ascoltare in
silenzio, se accogliamo, è un essere incomparabilmente più ricco della nostra
immaginazione e della nostra disponibilità a trovare quello che già conosciamo.
Può comunicarci fiducia, nel senso di aver fiducia in noi e
insegnarci a nutrirla.
Offrirci l’occasione di essere generosi e può essere generoso.
L’essere umano ha il privilegio di poter condividere con l’altro l’amicizia,
in cui nascono e vivono qualità da conoscere finalmente e in cui radicarsi.
Così, in una sua poesia, Chandra Candiani (vedi in questo blog, il post del 17 ottobre, con il
titolo “L’universo non ha un centro”) si rivolge all’amica Beatrice che non c’è più:
Io
svanisco,
senza
di te,
amica.
Ho meno realtà,
meno
legame.
Ci
siamo incontrate
sempre
solo sulla terra,
per andare
alla deriva
nell’amore
dello spazio.
Questa è una bellissima e fertile immagine dell’amicizia spirituale,
dare terra, darsi reciprocamente terra, per aprirsi senza timore alla
spaziosità e alla luce.
L’universo non ha un centro ma possiamo crearne uno qui e ora con il
contatto, l’amicizia, l’amorevole benevolenza, la comunicazione.
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