mercoledì 31 dicembre 2014

Fine anno





Matsuo Bashō (1644-1694) è il viaggiatore leggero per antonomasia.

Sembra voglia essere certo di non portarsi dietro nulla più dello strettamente necessario -prima della partenza dà via tutto quello che sente lo appesantirebbe.

E resta tra i poeti più amati dai giapponesi e da molti lettori di poesia per la evocativa semplicità e sincerità dei suoi versi e per la coerenza tra cammino e vita.

In questo haiku si rivolge a se stesso o a chi incontri per strada con poche parole che hanno la qualità evocativa dell’essenzialità.


Fine anno

Un altro anno è passato;

e io ho ancora indosso

cappello di paglia e sandali di paglia.







mercoledì 24 dicembre 2014

Se qui adesso






Forse più spesso in questi giorni accade di voltarsi indietro con curiosità, o nostalgia, o rimpianto…

Più questo sguardo è libero da aspettative e attaccamenti, e più è aperto al cambiamento.

Nel tanka* che segue, della poetessa giapponese Akiko Yosano  (1878 – 1942), la nota dominante della riflessione sembra essere quella, liberatoria e rinnovante, della consapevolezza.


Se qui adesso

ripenso al percorso

della mia passione

somigliavo a un cieco

senza paura del buio 

da Midaregami



tratto da Il Muschio e la Rugiada, Antologia di poesia giapponese, a cura di Mario Riccò e Paolo Lagazzi, Fabbri Editori, Milano 1997
*Il tanka è una composizione poetica di 31 sillabe, in 5 misure, rispettivamente di 5,7,5,7 e 7 sillabe.






sabato 20 dicembre 2014

Qualunque cosa facciamo






Avvicinandosi la fine dell’anno mi sovviene un insegnamento della monaca zen Shundo Aoyama:

“Che sia buona o cattiva, qualunque cosa facciamo rimane un fatto, che non cresce o diminuisce in valore in base alla lode o al biasimo di altri; diviene una forza karmica che ci accompagna. In questo modo, la nostra personalità è immancabilmente modellata da tutti i nostri atti.”
 
 
 
 
 
 

domenica 14 dicembre 2014

Felicità è battersi bene







Due giorni, una notte, il film di Jean-Pierre e Luc Dardenne si conclude con una telefonata di Sandra a suo marito Manu: “Ci siamo battuti bene. Sono felice.”

E’ una frase preziosa che indica qualcosa che possiamo fare nella vita, e qualcosa che della vita possiamo fare.

Non batterci soltanto, né in ogni modo e con ogni mezzo vincere, ma giusto batterci bene.
Non perdersi d'animo nelle avversità, non cedere alla tentazione di rinchiudersi nella gabbia delle negatività perdendo spazio e prospettiva.

Quando finiamo sotto tiro ci capita di farci piccoli piccoli, come per chiedere perdono e giustificarci, la tentazione di prendere rifugio dentro le nostre stesse ferite è forte, e farne un lasciapassare, ma in questo modo finiamo in un cantuccio dal quale è sempre più difficile uscire.

Se non ci battiamo bene non potremo che essere scontenti di noi stessi e la scontentezza ci porterà diritto al desiderio di morire, o di uccidere.

Dice Sharon Salzberg (post del 16 novembre scorso):
"Definisco la felicità come un tipo di intraprendenza. E’ un senso di resilienza e capacità di recupero e l’abilità a incontrare le cose senza esserne limitati. E’ una sorgente di profonda forza interiore, che non sempre siamo consapevoli di avere. Felicità è, anche, connessione l’un con l’altro, di modo che non ci sentiamo tagliati fuori e isolati."


 
 
 
 
 
 
 

domenica 7 dicembre 2014

Avidità e illusioni






Nella sua biografia dedicata a Suzuki-roshi, Chadwick ricorda che una praticante aveva domandato al maestro: “Che cos’è la guerra?”

Il maestro allora indicando davanti a sé le stuoie su cui vengono sistemati i cuscini per la meditazione, per ogni stuoia due cuscini, uno a fianco dell’altro, aveva detto che talvolta quando compaiono delle increspature tra due praticanti, ciascuno dei due cerca di appianare l’increspatura spingendola verso l’altro. E aveva aggiunto: “Ecco la causa della guerra. Il karma comincia con le piccole cose, poi accelera. Bisogna sapere come comportarsi con quelle piccole difficoltà.”  E’ da folli ignorare il karma, la guerra è il risultato delle nostre attività quotidiane. Persino parlare di pace in maniera rabbiosa porta acqua al mulino della guerra. “Dovremmo saperlo” -avvertiva il maestro.

Queste parole tornano in mente davanti alla vista dell'aggressione ai beni comuni, alle risorse pubbliche,  alla natura, agli esseri viventi, alle istituzioni, alla legalità…

Soltanto menti annebbiate dall’avidità e dal sogno auto-centrato o sprofondate nelle illusioni e nell’ignoranza possono credere che le quotidiane erosioni e prevaricazioni della legge e dei diritti degli altri, spesso considerate minime, veniali o innocue, siano prive di conseguenze e non concorrano alle grandi distruzioni in atto.