Una di queste mattine, dopo un primo passo in internet tra le suggestioni,
i divertimenti, le varie offerte dal mondo dei sensi e gli spot dell’infinito
intrattenimento, mi sono fermato, e ho scelto di occuparmi di quelle cose che
comportano impegno e presenza mentale, le cose che rappresentano la mia
occupazione, la mia realtà e gli “affari miei”: riprendere il filo di un discorso,
organizzare un lavoro, entrare senza frapporre indugi nella mia pratica.
Questo ha riportato alla memoria l’insegnamento del Buddha nel Sutta del falco: finchè la quaglia vaga
fuori dal proprio «territorio ancestrale» non può non essere preda del falco; fin
quando resta nel proprio territorio, identificato in un “campo arato di
recente”, potrà rifugiarsi dietro la zolla contro la quale si infrange l’attacco
dello sparviero, pur con tutta la sua forza, velocità e sicurezza di sé.
Fuori dal «territorio ancestrale», ci attendono, sempre accessibili, le
consuete novità mondane, dall’apparenza vaga, seduttrice, incantevole, e la
canzone che cantano è la stessa: divertiti, divertiti, dormi, dormi...
Il «territorio ancestrale» lo vedo proprio come il mio laboratorio, in
cui presto attenzione e fiduciosa sollecitudine, adopero l’ingegno e i mezzi
abili adatti all’attività specifica, lasciando andare le divagazioni e quel che
non mi riguarda.
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