mercoledì 15 luglio 2015

Il falco, la quaglia e il territorio ancestrale







Una di queste mattine, dopo un primo passo in internet tra le suggestioni, i divertimenti, le varie offerte dal mondo dei sensi e gli spot dell’infinito intrattenimento, mi sono fermato, e ho scelto di occuparmi di quelle cose che comportano impegno e presenza mentale, le cose che rappresentano la mia occupazione, la mia realtà e gli “affari miei”: riprendere il filo di un discorso, organizzare un lavoro, entrare senza frapporre indugi nella mia pratica.

Questo ha riportato alla memoria l’insegnamento del Buddha nel Sutta del falco: finchè la quaglia vaga fuori dal proprio «territorio ancestrale» non può non essere preda del falco; fin quando resta nel proprio territorio, identificato in un “campo arato di recente”, potrà rifugiarsi dietro la zolla contro la quale si infrange l’attacco dello sparviero, pur con tutta la sua forza, velocità e sicurezza di sé.

Fuori dal «territorio ancestrale», ci attendono, sempre accessibili, le consuete novità mondane, dall’apparenza vaga, seduttrice, incantevole, e la canzone che cantano è la stessa: divertiti, divertiti, dormi, dormi...

Il «territorio ancestrale» lo vedo proprio come il mio laboratorio, in cui presto attenzione e fiduciosa sollecitudine, adopero l’ingegno e i mezzi abili adatti all’attività specifica, lasciando andare le divagazioni e quel che non mi riguarda.

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