venerdì 29 novembre 2019
L'innocuità
E' una qualità -dice Piero Ferrucci- che richiede consapevolezza, intelligenza, padronanza di sè e bontà d'animo. (....)Ben lungi dall'essere una caratteristica di deboli e inermi, è la posizione spesso scomoda di chi ha fatto una scelta controcorrente. Tutto ciò genera una formidabile forza interiore, alla lunga molto più soddisfacente ed efficace della forza esteriore di soldi, arrivismo, prepotenza e maldicenza.
Chi è innocuo capisce lucidamente la precarietà, la sofferenza, più o meno segreta in cui versa ognuno di noi ed è solidale. Come dice il filosofo Filone d'Alessandria: "Sii gentile con chiunque tu incontri, perchè sta combattendo una grande battaglia".
mercoledì 10 luglio 2019
Là fuori
Là fuori, oltre le idee di giusto e di sbagliato
c'è un campo. Ti incontrerò lì.
quando l'anima si stende su quell'erba,
il mondo è troppo pieno per parlare.
Idee, linguaggio, perfino l'espressione "l'un l'altro"
non hanno più senso.
by Jelaluddin Rumi, from A book of luminous things edited
by Czeslaw Milosz
mercoledì 19 giugno 2019
a poco a poco
A poco a poco
passo passo
il saggio asporta le sue impurità
come l’orafo dall’oro le scorie.
passo passo
il saggio asporta le sue impurità
come l’orafo dall’oro le scorie.
Dhammapada strofa 239
Questa contemplazione segue armonicamente quella del mese scorso. Suggerisce di nuovo un rallentamento e, potenzialmente, l’apprezzamento di un approccio più gentile alla vita. Quando siamo di corsa, la nostra lettura della realtà del momento è meno affidabile. Se abbiamo troppa fretta di arrivare all’oro puro, tendono ad accadere degli imprevisti. Rallentare non significa per forza essere lenti. Può significare anche adottare una prospettiva che rivela gli aspetti più sottili dell’esperienza. Noi notiamo senza difficoltà la dimensione di superficie dell’esperienza, ‘il modo in cui le cose appaiono’, ma non siamo capaci di vedere più in profondità. Per vedere con chiarezza cosa effettivamente determina come ci relazioniamo alle esperienze, ci vuole un certo grado di saggezza. Un approccio graduale è di vantaggio per scoprire di persona cosa conduce a maggior benessere e cosa invece a più impedimenti.
Con Metta,
Questa contemplazione segue armonicamente quella del mese scorso. Suggerisce di nuovo un rallentamento e, potenzialmente, l’apprezzamento di un approccio più gentile alla vita. Quando siamo di corsa, la nostra lettura della realtà del momento è meno affidabile. Se abbiamo troppa fretta di arrivare all’oro puro, tendono ad accadere degli imprevisti. Rallentare non significa per forza essere lenti. Può significare anche adottare una prospettiva che rivela gli aspetti più sottili dell’esperienza. Noi notiamo senza difficoltà la dimensione di superficie dell’esperienza, ‘il modo in cui le cose appaiono’, ma non siamo capaci di vedere più in profondità. Per vedere con chiarezza cosa effettivamente determina come ci relazioniamo alle esperienze, ci vuole un certo grado di saggezza. Un approccio graduale è di vantaggio per scoprire di persona cosa conduce a maggior benessere e cosa invece a più impedimenti.
Con Metta,
Commento di Bhikkhu Munindo
Traduzione dall'inglese di Chandra Candiani
Traduzione dall'inglese di Chandra Candiani
sabato 25 maggio 2019
La candela e la luna
Per i
saggi, specie quelli indiani, il mondo visibile non è mai stato l'intera
realtà, ma solo una parte.
E nemmeno
la parte più importante, dal momento che è mutevole e sempre in balia del distruttivo
scorrere del tempo.
Eppure, a
volte basta poco per rendersi conto anche del resto.
Tagore, il
grande poeta bengalese, lo dice con una semplice similitudine.
Una sera è
a bordo di una casa galleggiante sul Gange e al lume di una candela legge un
saggio di Benedetto Croce.
Il vento fa
spegnere la fiamma e improvvisamente la stanza è invasa dalla luce della luna.
E Tagore scrive:
La bellezza
era tutta attorno a me,
Ma il lume
di una candela ci separava.
Quella
piccola luce impediva
Alla bella,
grande luce della luna di raggiungermi.
La nostra
vita quotidiana è piena di piccole luci che ci impediscono di vederne una più
grande.
Il campo
della nostra mente si è ristretto in maniera impressionante. Così come si è
ristretta la nostra libertà. Quello che facciamo è soprattutto reagire.
Reagiamo a quello che ci capita, reagiamo a quello che leggiamo, che vediamo
alla TV, a quello che ci viene detto. Reagiamo secondo modelli culturali e
sociali prestabiliti. E sempre di più reagiamo automaticamente. Non abbiamo il
tempo di fare altro. C'è una strada già tracciata. Procediamo per quella.
da "Un altro giro di giostra" di Tiziano Terzani
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Tiziano Terzani
martedì 2 aprile 2019
Il momento presente
Il momento
presente è la porta verso la vera calma. Non potete conoscere il futuro. Ma qui
e ora potete creare una vita di dignità e compassione, un giorno alla volta.
di Jack Kornfield
venerdì 8 marzo 2019
Zen, Illuminazione, Gioia
Illuminazione: che cosa è
"Enlightenment is not something
you achieve. It is the absence of something. All your life you have been going
forward after something, pursuing some goal. Enlightenment is dropping all
that."Con queste parole ha inizio la riflessione estremamente semplice e potente di una maestra e pioniera americana dello Zen, Charlotte Joko Beck, che continua:
"But to talk
about it is of little use. The practice has to be done by each individual.
There is no substitute. We can read about it until we are a thousand years old
and it won’t do a thing for us. We all have to practice, and we have to
practice with all of our might for the rest of our lives." [1]
“Illuminazione non è qualcosa che conquistate. E’
assenza di qualcosa. Per tutta la vostra vita siete andati dietro a qualcosa,
perseguendo qualche risultato. Illuminazione è lasciar cadere tutto questo. Ma
parlarne serve a poco. La pratica deve essere opera di ciascun individuo. Non
c’è sostituto. Possiamo leggere intorno a questo argomento fino a quando siamo
vecchi di mille anni e non ci sarà servito a nulla. Noi tutti abbiamo da praticare,
e dobbiamo farlo con tutte le nostre forze per il resto delle nostre vite.”[1]
Una vita più aperta e gioiosa
" Quello che davvero vogliamo è una vita naturale. Le
nostre vite sono così innaturali che praticare lo Zen è, all’inizio,
estremamente difficile. Ma una volta che cominciamo ad avere un po’ di luce sul
fatto che il problema nella vita non è fuori di noi, avremo cominciato a
camminare lungo questo sentiero. Una volta che il risveglio inizia, una volta
che cominciamo a vedere che la vita può essere più aperta e gioiosa di quanto
abbiamo mai pensato possibile, allora vogliamo praticare."
Dov'è la gioia
“Di tanto in tanto,
proviamo gioia. Può insorgere accidentalmente o nel corso di un ritiro dedicato
alla meditazione o altrove nelle nostre vite. Per qualche tempo dopo un periodo di pratica intensiva possiamo sperimentare gioia. Dopo anni di
pratica, la nostra esperienza di gioia si approfondisce – se comprendiamo la
pratica e vogliamo farla. La maggioranza della gente non vuole.”
“Gioia non è qualcosa
che dobbiamo trovare. Gioia è quello che siamo se non siamo preoccupati con
qualcosaltro. Quando ci sforziamo di trovare gioia, siamo semplicemente
aggiungendo un pensiero – e uno di nessun aiuto, se per questo – sul fatto di
base che è quello che siamo. Non abbiamo bisogno di andare in giro in cerca di
gioia. Ma qualcosa dobbiamo fare. La questione è, cosa? Le nostre vite non
sentono gioia, e noi insistiamo a cercare di trovare un rimedio.”
Lo Zen riguarda la vita di tutti i giorni
Intraprendiamo una
disciplina come la pratica Zen per imparare a vivere in una maniera sensata. Lo
Zen ha quasi mille anni ed è stato liberato
dai garbugli; non è facile, ma neppure è insensato. Sta con i piedi per
terra ed è molto pratico. Riguarda la nostra vita di tutti i giorni. Come
migliorare il lavoro in ufficio, crescere meglio i nostri ragazzi, e avere
migliori relazioni. Avere una vita più sensata e soddisfacente deve venire da
una pratica ragionevole e equilibrata. Quello che vogliamo è trovare una
maniera di lavorare con l’insensatezza di base che esiste a causa della nostra
cecità.
da Everyday Zen (1989) e Nothing Special (1993), di Charlotte Joko Beck
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lunedì 4 febbraio 2019
Umani e animali
"Le Upanishads e le scritture dicono che gli esseri umani sono solo animali se non sono esseri realizzati. Forse sono anche peggio."
da Talks With Sri Ramana Maharshi, p.81
sabato 26 gennaio 2019
Come sorge la felicità
“La
retta intenzione è un’espressione dell’aspirazione a non generare mai
sofferenza, un’aspirazione a trattare noi stessi e gli altri nel modo più
compassionevole e gentile possibile. La pratica della retta intenzione ci
consente di osservare come la felicità stessa sorge dall’opportunità di
lasciare andare la bramosia, l’avidità e l’avversione e coltivare con più
fiducia la capacità di vivere in una maniera che sia in grado di sostenerci e
portarci beneficio.”
di Patricia Feldman Genoud, da SATI anno XXV,
n.1 / 2016, pag.31
domenica 20 gennaio 2019
Forza e debolezza
Chi ha rinunciato
all’uso della forza
nel rapporto con gli altri
deboli o forti che siano
chi non uccide né fa uccidere
è da ritenere un grande essere.
all’uso della forza
nel rapporto con gli altri
deboli o forti che siano
chi non uccide né fa uccidere
è da ritenere un grande essere.
Dhammapada strofa 405
La delicatezza con cui terremmo un bambino piccolo chiaramente non è un segno di debolezza. La sensibilità con cui ascolteremmo un amico che ha subito una perdita ugualmente non sarebbe ritenuta una debolezza. Comportarsi con umiltà riconoscendo la parte che possiamo aver avuto nel contribuire alla sofferenza di altre persone ugualmente non sarebbe, si spera, considerata un segno di debolezza. Ciò che talvolta viene visto come debolezza è di fatto forza. Al contrario, nascondersi dietro un’ostentazione di invulnerabilità, rifiutarsi di chiedere aiuto quando è chiaro che ne abbiamo bisogno, essere incapaci di provare empatia di fronte al dolore degli altri, queste sono di fatto forme di debolezza a cui gioverebbe un’accurata attenzione.
Commento al Dhammapada di Achaan Munindo
La delicatezza con cui terremmo un bambino piccolo chiaramente non è un segno di debolezza. La sensibilità con cui ascolteremmo un amico che ha subito una perdita ugualmente non sarebbe ritenuta una debolezza. Comportarsi con umiltà riconoscendo la parte che possiamo aver avuto nel contribuire alla sofferenza di altre persone ugualmente non sarebbe, si spera, considerata un segno di debolezza. Ciò che talvolta viene visto come debolezza è di fatto forza. Al contrario, nascondersi dietro un’ostentazione di invulnerabilità, rifiutarsi di chiedere aiuto quando è chiaro che ne abbiamo bisogno, essere incapaci di provare empatia di fronte al dolore degli altri, queste sono di fatto forme di debolezza a cui gioverebbe un’accurata attenzione.
Commento al Dhammapada di Achaan Munindo
Traduzione dall'inglese di Chandra Candiani
[Pubblicazione a cura del Monastero buddhista Santacittarama
Localita Brulla, Poggio Nativo, Rieti
02030]
lunedì 14 gennaio 2019
Il seme dell'amarezza
Quanto
male fanno le parole non buone, che non nascono dall’attenzione e dalla
benevolenza nè dalla fiducia e creano molti equivoci e pregiudizi. Parole intrise di amarezza
che lasciano l’amaro in bocca.
Eppure
ricordandole spesso siamo presi da una torpida indulgenza nei nostri stessi
confronti, come fossimo in diritto di dire certe frasi in nome del fatto che in
fondo non ci crediamo veramente, che abbiamo parlato per inerzia, che ci siamo
lasciati catturare dal discorso...
Quando
poi la sensazione di gravità di quanto abbiamo detto ci colpisce, possiamo scoprire di
essere già stati presi dall’urgenza del condono, del fare ammenda, e già inconsapevolmente
spinti alla ricerca di meriti o distrazioni che cancellino il nostro disagio.
In
questo modo tuttavia sciupiamo una occasione preziosa.
Il
seme dell’amarezza può dare buoni frutti ma ha bisogno di essere pienamente accolto
e compreso nel suo movimento che nega la realtà.
domenica 6 gennaio 2019
Valutare un'esperienza
"Hai studiato il Buddhismo e come hai detto ti ha impressionato più di qualunque altra religione così che ha avuto luogo il processo di condizionamento. Quel condizionamento -dice Jiddu Krishnamurti- può aver proiettato la figura anche se la mente cosciente era occupata con una materia completamente diversa. Inoltre essendo stata la tua mente resa acuta e sensibile dalla modalità della tua vita, e dalla discussione che stavi avendo con i tuoi amici, forse hai visto "pensiero" rivestito in una forma Buddhista.
Non ti ha rivelato il modo lavorativo della tua stessa mente e sei diventato prigioniero di quella esperienza. Ogni esperienza ha significato quando con essa arriva la conoscenza di sè, che è l'unico fattore di liberazione e di integrazione, ma senza conoscenza di sè l'esperienza è un peso che apre la strada a ogni forma di illusione."
da Krishnamurti, Valuing an Experience
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