venerdì 13 dicembre 2013

Un semplice koto




A Roma nei mattini chiari di questa fine stagione, una luce calma si posa sui resti del Palatino, l’arco di Costantino, la basilica di Massenzio, e prima dell’imbrunire mentre scendi dal Viale del Parco del Celio resta avvolta alla Basilica dei Santi Giovanni e Paolo con i cipressi e i pini che la coronano.

Spesso però i nostri passi sono distratti e non vediamo niente. Siamo appesantiti da una sola magnetica misura: quello che ho perso, quello che ho guadagnato, come ho perso, come ho guadagnato..

Lo splendore di questi ultimi giorni d'autunno mi ha ricordato la poesia “Un semplice koto” del poeta giapponese Jukichi Yagi (1898-1927), di cui abbiamo su questo blog già pubblicato la poesia “Quiete”-il koto è uno strumento musicale a corda della famiglia della cetra:

 

Un semplice koto se lo deponi
 
in questo splendore

comincerà a suonare piano

alla bellezza dell’autunno incapace

                                        a resistere.

 
 
 
 
 
 
 

2 commenti:

  1. La mente libera da condizionamenti e distorsioni mi meraviglia.
    A volte raggiungo un senso di pienezza fisica e mentale che forse posso chiamare consapevolezza..... ma poi fuggo perchè tale stato dà importanza al mio vivere e questo mi responsabilizza e mi induce a liberarmi da attaccamenti e pregiudizi vari e.....non sempre voglio essere libero. Tanti auguri a tutti gli amici del blog e serene 24 ore

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  2. Quanto è vera, per molti di noi,questa tua affermazione, Maurizio: "Non sempre voglio essere libero." La consapevolezza ci porta a vedere anche quello che per comodità non vorremmo. Preferiamo continuare a cantarcela e a suonarcela come più ci piace e la consapevolezza è un testimone che non si volta dall'altra parte. Grazie, e tanti auguri anche a te Michele

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