lunedì 7 gennaio 2013

Autoritratto di Rembrandt

Non ti viene detto altro
che questo: tieni aperto
e tu sorridi perché hai il cuore
e il sorriso per sorridere
nel frattempo invecchi o ti ammali
forse perdi qualcuno dei tuoi cari
l’amica più amata
e sempre intanto ti viene detto
soltanto: tieni aperto così in un soffio
ti vedi avanti all’uscio
sulle spalle la mantellina
il lume di candela in mano
e sempre senti la stessa
voce – tieni aperto
Tu sorridi e non chiudi anche
in quel momento incerto.


da Tieni aperto di Michele Colafato, Edizioni Il Labirinto, 2012

3 commenti:

  1. Un'amica se n'e' andata, papa' se n'e' andato; questa poesia m'ha fatto pensare che posso coltivare l'intento di sorridere, ora che sorrido poco. Grazie Michele

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  2. “Tieni aperto” dice Michele e non nomina cose persone situazioni, non definisce.

    Mi parla d’altro quell’apertura, indistinta nell’accogliere, umile nel non distinguere, coraggiosa nella non difesa, mi parla di un viaggio (diverso per ognuno di noi) dove lasciarsi toccare dallo stupore dell’incontro e dallo stupore del sacro che si rivela di volta in volta nell’incontro, con i luoghi, le persone, i racconti e la vulnerabilità, le fragilità davanti all’amore, al dolore. E mi parla della consapevolezza e del valore del “testimoniare” ciò che siamo, disponibili ogni volta a ricominciare e a ricordarsi di “tenere aperto” anche alle chiusure perché la vita possa essere come dice Panikkar * “esperienza della vita, non della mia vita ma della Vita, non mera interpretazione ma mistica, vita come qualcosa che sperimentiamo direttamente ossial’esperienza integrale della Vita”.

    Panikkar sottolinea che questa esperienza sta in noi ma scompare, non diventa tangibile, non si attua se viviamo solo nell’ego perché “La coscienza della vita non appartiene al nostro ego, per cui se non si muore ad esso, non si può godere di questa esperienza integrale. La mistica, non è quindi una specializzazione (caratteristica del pensiero razionale moderno) ma in quanto esperienza integrale della Vita, non è mia benché in me, è una dimensione antropologica, é un qualcosa che appartieneall’essere umano in quanto tale e ci mostra che la nostra umanità è qualcosa di più della pura razionalità , è un qualcosa che si sente palpitare, che si sente, semplicemente, vivere in noi.

    L’esperienza mistica ci permette di godere pienamente della Vita, è gioia della Vita. È frutto dell’esserepiù che del fare, è la coscienza dell’essere come atto, più che dei risultati dell’azione. Sentirsi vivi è sentire la Vita nella sua pienezza nella nostra limitazione concreta.

    Per realizzare questa esperienza integrale della vita è necessario tenere i nostri occhi bene aperti.

    Con l’augurio di lasciarci toccare dallo stupore della Vita, insieme.

    P.M.

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  3. Salvo tutte le differenze e grazie ad esse,
    ci sono affinità tra i testi di Panikkar e la poesia;
    in una certa profondità le cose/persone si incontrano e uniscono, senza mescolarsi,Panikkar a proposito parla della:inter-in-dipendenza.
    Cari saluti,
    mb

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