giovedì 9 maggio 2013

La via e il cammino




La via verso la meta non è lineare, e il cammino non è lineare.

Sentiamo un discostamento, una faglia che si è aperta rispetto alla tradizione -che è rimasta al di là della faglia come un reperto, un’appartenenza del passato. Però non è detto che la tradizione non abbia senso. La vita è trovare, non chiudersi al trovare, facendosi bloccare dal concetto, dalla parola. Il concetto tradizione, la parola tradizione, come altri concetti, altre parole.

Andare nella Zona, con Stalker, è andare in un luogo fuori mano, proibito, anche pericoloso, dove a condizione di fiducia, coraggio, si possono trovare verità vitali. L’origine e la natura di questo luogo, della Zona, è misteriosa, e sappiamo che esige rispetto.

Krishnamurti dice che la Verità è una terra senza sentieri. Questo può significare che la tradizione, il sentiero della tradizione, è un concetto, non è una realtà ma diventa reale quando si resta prigionieri di questo concetto e lo si considera invalicabile, come quando diciamo la tradizione è roba del passato. 

Tradizione è un concetto, se entriamo in un concetto troveremo un concetto, se entriamo in una tradizione senza praticarla come tradizione ma portati dalla pratica di quel che è bene, che è fatta di fiducia, allora potremo trovare qualcosa di prezioso.

Nella tradizione letteraria cristiana è presente, grazie a Dante, la figura del maestro, individuato in Virgilio. Anche il maestro può diventare un concetto, se cerchiamo il concetto di maestro a cui chiediamo questo o quest’altro, allora resteremo delusi o costruiremo un feticcio. Se troviamo qualcosa di buono, in quel momento abbiamo trovato un maestro, anche se il maestro, il guru, inteso come Qualcuno che ci dice quello che dobbiamo fare richiama un concetto e una parola del passato, della tradizione. Ciò non toglie che se lo interpelliamo nel momento, in quel momento può anche dirci di far qualcosa che per noi è bene.

Andrej Tarkovskij (1932-1986), regista, autore di Stalker e di Andrej Rublev, dice di quest’ultimo, il pittore di icone: “..visse una vita complessa, aveva studiato nel monastero della Santa Trinità con il maestro, padre Sergeij di Radonec, ma la sua vita la trascorse diversamente da come gli era stata insegnata e giunse a guardare il mondo con gli stessi occhi del suo maestro soltanto alla fine della sua vita, soltanto dopo averla vissuta a modo suo.”

Dobbiamo tener presente che nella pratica, nella realtà, questa materia è inevitabilmente complicata dai concetti e dalle concettualizzazioni che ci pre-cedono e ci ingabbiano prima che noi contattiamo la realtà così com’è.

Ugualmente si potrebbe dire, come pare suggerire Itaca, la bella poesia di Kavafis, che la parte più importante del viaggio consiste nel ritorno. Anche  questo concetto, del ritorno, può essere utile nell’indicare che certe paure certi inquinanti ce li portiamo dentro, e se il cammino è sincero se i passi sono onesti lungo la via cadono o si trasformano perché non sono assoluti ma condizionati.

2 commenti:

  1. I manager giapponesi quando c'e' un problema aziendale dicono "va e tocca con mano", piuttosto che affidarsi esclusivamente ai concetti teorici di cui i manuali abbondano.
    Si dice anche che siano conoscitori dell'anima dei loro dipendenti.

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  2. caro Fabrizio,
    "va e tocca con mano" mi sembra molto appropriato. Non significa rinunciare alle conoscenze acquisite, significa entrare con la propria esperienza, direttamente, nel problema, accettare di esserne toccati e coinvolti, ascoltare con attenzione, con il cuore, lasciar parlare, dare importanza a quello che nasce dall'esperienza e dalla vita degli altri.
    Non so se questi manager siano conoscitori dell'anima dei loro dipendenti. Da una parte mi auguro che lo siano della propria e che non ne facciano commercio, dall'altro vorrei che i dipendenti non abbiano un'anima massificata e uniforme. Suzuki Roshi era molto sensibile, per esperienza diretta, ai rischi e ai pericoli del 'gruppismo'.
    Il nostro viso, comunque, è uno specchio della nostra anima e della nostra storia.
    La monaca Shundo Aoyama ha scritto:
    "La gente va in giro totalmente inconsapevole del fatto che le loro facce e i loro corpi rivelano tutto del modo in cui hanno vissuto. Tale nudità può essere imbarazzante, anche far paura. Tutto quello che abbiamo pensato o detto e tutto quello che abbiamo fatto dalla nascita hanno plasmato le nostre facce, corpi e personalità. Con un singolo sguardo una persona chiaroveggente può percepire l'intera nostra storia. (...) Il poeta e calligrafo giapponese moderno Yaichi Aizu una volta scrisse a un conoscente: "Amico mio, prestando attenzione a tutto quello che penso e che faccio, mantenendo il cuore in pace, spero di diventare una bella persona." Anch'io sento che vorrei invecchiare in quel modo."
    Un abbraccio e tanta metta!
    michele

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