venerdì 24 maggio 2013

Lettera dalla gentilezza







 

“La mia religione è la gentilezza”  dice il Dalai Lama.

Questa gentilezza non va confusa con la forma, le buone maniere, la “politeness”. E’ una qualità del cuore, una gentilezza nel senso di benevolenza, di amorevolezza, una qualità dell’essere, non una norma o il segno di una distinzione sociale.

Il modo in cui trattiamo gli esseri viventi e anche gli oggetti riflette la qualità del nostro essere, che è inseparabile da noi stessi. 

Quando siamo “gentili per paura”, paura fisica o timore di essere giudicati, non siamo veramente gentili, semplicemente non siamo, ci rifugiamo nell’assenza e ci nascondiamo dietro compiacenze, cautele, remissività e false modestie.

La gentilezza si unisce all’esserci, qui e ora, e al sapere di esserci: non al desiderio di annullarsi e scomparire.

Talvolta la pratica della gentilezza, verso altri o verso noi stessi, non ci è possibile, ma è possibile respirare, allora respiriamo e pratichiamo la gentilezza restando aperti e consapevoli della condizione di non-gentilezza.
 
 
 
 

Nessun commento:

Posta un commento