Il poema di
Neruda si apre con una sentita invocazione:
Tristezza, ho bisogno
della tua ala nera,
c’è troppo
sole, miele,
sorrisi, topazio, luce rotonda…
L’ “ala
nera” di cui il poeta sente di aver bisogno forse aprirà la sua vita a una
condizione non dominata dal “troppo” e potrà riportarlo alla pioggia, alla terra, al tronco
spezzato nell’estuario, alla luce del lume che si spegne quando la paraffina
finisce, alle cose così come sono, che hanno un inizio e una fine.
Neruda ricorda se stesso
alla finestra che guardavo ciò che non era,
ciò che non succedeva
e rimpiange
quella luce nera.
E chiude con un’altra invocazione, una preghiera:
toglimi luce e lascia
che mi senta sperduto e miserabile
e tremi tra le fibre del crepuscolo
Una chiusa
che ribadisce il bisogno di essere fuori dal "troppo", di potersi sentire,
finalmente!, anche sperduto e miserabile, e tremare, come fibra tra le
fibre.
La felicità
non ci viene dal "troppo" o dal rifiuto del "poco", né dalla ricerca di gratificazioni.
Possiamo
accumulare successi, piaceri, fortune, sensazioni di sicurezza proprie dell’ideologia,
e soddisfazioni che arrivano dal rispecchiamento reciproco dei seguaci con il
capo e dei fan con la star o del guru con i suoi adepti.
Sono colpito
dai versi del poeta cileno che ricordano i giorni in cui guardiamo dalla
finestra “ciò che non era, ciò che non succedeva”.
E questo “non
essere” quello che sarebbe diventato, questo “non succedere” quel che
desideravamo, lo sentiamo semplice e aperto.
Una volta un
tale sentimento veniva irriso come non volersi sporcare le mani o voler restare
innocenti.
E il verso
può essere anche letto come rimpianto del tempo in cui “eravamo poveri e belli”.
Ma forse la poesia ri-guarda la tendenza che abbiamo a ubriacarci di illusioni, a
rimpinzarci di questo e di quello, a rifugiarci nell’acquisizione di
pseudo-certezze, finché ci risvegliamo e vediamo che l’indulgenza, il “troppo”
di topazio e di miele, di pienezza e di luci, ci tiene lontani dalla nostra
stessa vita e toglie qualcosa alla spaziosità e alla libertà di quello che è così com’è.
Caro Michele, volevo ringraziarti per questo blog. Leggo i post che metti e sono per me motivo di riflessione e crescita. Forse scarseggiano i commenti non so se per timore oppure perchè non si ha niente da dire o se questo blog è letto da poche persone. Personalmente sono grato e volevo comunicartelo grazie. Serene 24 ore
RispondiEliminaMi sono rivista “alla finestra” a guardare “ciò che non era, ciò che non succedeva”, e improvvisamente sono riemersi ricordi relativi a intensi momenti di tristezza che mi accompagnano e che penso accompagnino un po’ tutti, anche coloro che inconsapevolmente o consapevolmente li evitano, per non guardarsi dentro.
RispondiEliminaOggi, ritengo che la tristezza non sia un qualcosa di negativo, anzi, è lo stato mentale che mi consente di osservare e superare le situazioni di crisi. Il momento di tristezza è raccoglimento, è ciò che interrompe la routine quotidiana, il flusso degli eventi, e crea attimi di sospensione che mi consentono di raccogliere le mie energie.
Ritorno così mentalmente “alla finestra”, osservo il passato e il presente, ovvero ciò che è essenziale e che spesso dimentico di apprezzare realmente.
Ci sono momenti in cui vorrei ritornare alla mia finestra, dove, parafrasando Neruda, forse ho scordato per sempre il cuore…Ma ci sono anche momenti in cui penso che è da lì che ogni volta devo ricominciare, senza concentrarmi su rimpianti e aspettative, ma osservando e accogliendo semplicemente ciò che verrà.
Giovanna