martedì 19 febbraio 2013

Dialogo sulla paura


Sono chiusa in una stanza con la paura.

Leggi: mi sono chiusa in una stanza con la paura. Ma non puoi tenere la porta o la finestra aperta?Anch'io in questo momento ho paura e il canto di un passero mi dà coraggio, non sono solo in un mondo vuoto, e il mondo non è la mia paura... Perché ti chiudi in una stanza con la paura?

Ieri ho sopportato due attacchi di panico in due ore, una delle quali passata in una farmacia stesa su una poltrona per calmarmi. E’ stato orrendo persino per me che sono abbastanza allenata. Non sono riuscita a mettere in campo gli strumenti abili per calmarmi.

Quali strumenti? Forse non erano abili se non potevano essere usati in quel momento.

Ma poi mi sono calmata un po’, per merito delle dottoresse che mi hanno accolto con umanità, professionalità e senza giudizio, lasciandomi lo spazio di superare la crisi da sola, offrendomi la loro presenza. Mi conoscono da un po', nell'ultimo anno non ci ero più quasi passata, segno positivo. E invece ieri BOOM esplosione! Oggi abbattimento e depressione post attacco. Tipica, un po’ è dovuta alla paura che la grande paura possa riafferrarmi, e un po’ perché sono sfiduciata, perché ogni attacco forte significa non esser ancora guarita. Ambivalenza della guarigione -lo so che questi attacchi possono essere benissimo l'ostacolo che metto fra me e la liberazione.

Forse sì forse no, non lo sappiamo, non è sicuro, non è detto che le ipotesi che sembrano intelligenti siano quelle azzeccate...

Ciononostante, questa consapevolezza non basta a farli cessare.


La consapevolezza non è un’ipotesi. E non riguarda l'interpretazione della paura, è essa stessa nient'altro che ricevere, testimoniare, stare con la paura. Non però trattenerla. 

La dottoressa dice di avere pazienza, e io ci provo.  Ieri è passato, e non sono morta, ciò mi dovrebbe dare fiducia e rendermi meno vulnerabile, comprendo che questi stati, per quanto orribili possano essere, si sgonfiano ad un certo punto da soli, e lo fanno quando si molla la presa, quando si è pronti anche a morire…


Mollare la presa, ma mollarla davvero, proprio quando mollare la presa fa paura, fa temere la morte.. E poi si scopre che non muoriamo...

…perchè non ce la si fa più a tenere il fisico sotto una pressione assurda. All'improvviso abbandonare la lotta equivale a ritornare sulla terra, tornare a respirare e a muoversi liberamente.
La confusione mentale sparisce e gli alberi, il cielo e le persone ritornano ad essere quello che sono, non cose strane che mi urtano dentro e che mi fanno chiudere gli occhi perché non ce la faccio a sopportarli. So di non dirti niente di nuovo. Ma  c’è altro: a farmi più paura di tutto è il senso di solitudine. Ho paura a stare da sola con la mia paura, è per questo che cerco sempre di condividerla, di parlarne, di cercare pareri. Ma da un po' di tempo mi sono resa conto che questi sono palliativi, o meglio hanno già sortito i loro effetti positivi e ora non aggiungono niente, semmai tolgono molto. Mi tolgono la fiducia in me stessa, mi fanno apparire debole agli occhi degli altri, e rendono me stessa identificata con questi stati mentali. Tutto questo per la paura di restare da sola nella stanza con la mia paura e con la mia depressione.
I palliativi fanno parte della paura: invece, le dottoresse che invitano alla pazienza, no.

Io non voglio passare tutta la mia vita così, non ce la posso fare, sono sfinita.

Nessuno ha parlato di 'tutta la vita', e poi non sappiamo quanto lunga sarà la nostra vita, e può darsi che proprio lasciare andare davvero questa paura sia il compito, del resto prezioso, di tutta una vita..

Sono anni che lotto strenuamente, che mi impegno a condurre un lavoro che dovrebbe portarmi a vivere una vita migliore. Eppure ci sono ancora giornate come ieri, ed è inutile nascondere il mio sconforto: mi sento punto e a capo.


Non mi sembra tu apprezzi abbastanza l'importanza di liberarti dalla paura! Pensa a quelli che passano la vita a creare e diffondere la paura..

Oggi ho meditato e ho visualizzato la mia paura, me stessa e la stanza. A volte si acquatta in un angolo lei, a volte io, a volte siamo di fronte e quasi sempre ha la meglio lei.


Più che meditazione mi sembra un giocare a nascondino o acchiapparella: altro che lasciarla andare... Magari se ne andrebbe pure ma tu fai di tutto per trattenerla…
Mi è sembrato che non ho scampo, che è necessario che quando si presenta io resti da sola con la paura, che non cerchi consolazioni o vie di uscita. Questo smentisce subito tutto, ma ho bisogno di sapere se è una via giusta da percorrere, se ce la posso fare a restare da sola con questa immensa paura. Vorrei che mi abbandonasse, ma sembra che sia io a dover abbandonare lei.

Proprio così! Non ti abbandonerà se non hai pazienza, se la trattieni quando sta per andarsene, se sei ancora in cerca di palliativi, se non sai ancora come fare per lasciarla andare... E in special modo se coltivi attaccamento alle sensazioni che ti regala la sua presenza. Devi essere tu ad abbandonare lei, a restare nel tuo territorio, a non allontanartene, e per questo occorre pazienza e ancora pratica.


 

1 commento:

  1. Personalmente ho sempre considerato la paura una forma di vigliaccheria e me ne sono sempre vergognato. Questo mio pensare ha modificato i miei atteggiamenti, mi ha costretto ad usare maschere e a razionalizzare l'irrazionalizzabile. Non ho vissuto in prima persona gli attacchi di panico e le forme depressive acute ma la paura si, anche quella di non piacere,di sentirmi inadeguato. Vedevo la paura solo come mancanza di coraggio rispetto a chi nel gruppo compiva azioni,apparentemente senza paura, che io non riuscivo a compiere. Il mio orgoglio non mi permetteva di accettarmi per quello che ero. Forse i miei guai erano iniziati proprio dalla paura....... oggi va meglio, molto meglio anche se la paura è come le sostanze sempre in agguato. ciao e serene 24 ore

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