Tornando a casa ho lasciato che le parole del medico –“ansia”, “stress”,
“nervosismo”- si depositassero. Dovrei saperlo da me, l’intestino, lo
stomaco, reagiscono direttamente alla sofferenza mentale, la raccolgono, eppure..
Mi ha preso di sorpresa, e
lì per lì mi sono difeso, ho risposto "non saprei", e adesso sono sorpreso della mia sorpresa -basta solo voler vedere, per sapere.
Invecchiare, sentirsi non abile a fare qualcosa, non potere fare
qualcosa che prima si dava per scontato, non potere dare per scontato questo o
quello, ammalarsi più spesso, malattie di
stagione e non, l’inverno, temere il freddo, la pioggia, e subito dopo il caldo
torrido, avviarsi al tramonto senza
sole, un viale tutt’altro che trionfale, sentirsi debole, vulnerabile, la
memoria che dimentica, fili di paranoia che ti allacciano..
Eppure c'è il sollievo, sempre disponibile, che sta nel risvegliarsi alla sequenza
di evidenze e resistenze, nell'esserne consapevoli, vedere, toccare, tornando a casa versarsi dal thermos del tè caldo, tenere la tazza tra le mani per riscaldarle e un sorso dopo l’altro
avvertire un’onda benefica che accompagna
in questa riflessione, e con essa si distende, e calma.
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