Nessuno dovrebbe nella rabbia o nell’odio
desiderare di far male ad altri
Il Buddha, nel Metta Sutta
In superficie, la Birmania dell’entroterra
non è molto cambiata dal 1971, quando vi ricevevo la mia formazione da monaco
nei monasteri di Mahasi e Sunlun Sayadaw. Il paesaggio verde e polveroso è
punteggiato da templi e pagode dorate. Ci sono poveri contadini e piccole
cittadine dai mercati colorati. Il popolo birmano resta straordinariamente gentile
e di buon cuore, la nazione un centro venerato di insegnamenti buddhisti.
Ma adesso c’è anche paura, una corrente
sottostante di tensione che si diffonde attraverso il paese. Ho fatto di
recente ritorno dalla Birmania dove ho lavorato con attivisti per la pace e per
Partners Asia, a sostegno di scuole,
rifugi per orfani e donne maltrattate, programmi per HIV, ambulatori di
campagna, e altri meravigliosi progetti. Ho trovato tra cambiamenti positivi e
lenti movimenti verso la democrazia, crescente intolleranza e conflitto
religioso ed etnico.
Le notizie dicono di monaci che
attraversano la Birmania e usano gli insegnamenti buddhisti per incoraggiare la
violenza e l’approvazione di leggi inumane. Qui in Occidente molte persone sono
scioccate. Non è il buddhismo la religione che predica contro la violenza e le
uccisioni? Sono vere queste storie? Come dobbiamo comprenderle?
Le storie sono vere. Viaggiando attraverso
la Birmania di recente, ho incontrato alcuni di questi monaci che fomentano
odio e fervore sciovinista. Non vogliono sentir parlar di pace e hanno avuto
successo nel seminare diffidenza in lungo e in largo in buona parte del paese. Sotto
la loro influenza, tassisti e negozianti da Rangoon a centri urbani remoti
parlano della loro paura di una presa del potere dei musulmani e dell’ “insegnamento
di Buddha” per cui talvolta la violenza è necessaria per proteggere la nazione.
Tale pericolosa situazione richiede qualche spiegazione.
La più grande fonte di conflitto è la
situazione incerta dei musulmani Rohingya nell’estremo occidente della Birmania.
Rakhine è una bella terra al confine con il Bangladesh che è stata per secoli
un regno marinaro. Ma da quando i re della Birmania centrale conquistarono Rakhine,
il popolo è stato maltrattato. E nel corso dell’ultimo secolo, un milione di
musulmani Rohingya, alla ricerca di nuove opportunità o in fuga dalla povertà e dai
maltrattamenti nell’odierno Bangladesh, si sono stabiliti in Rakhine. Oggi, il
sovrappopolato Bangladesh non vuole riaccoglierli lasciandoli ritornare
indietro e i nativi Rakhine, già poveri e angariati dal governo centrale,
temono di perdere terra e mezzi di sostentamento in favore degli immigrati
musulmani, anche se molti Rohingya hanno
vissuto in quella terra pacificamente per decenni.
L’attuale pressione economica ha reso
la situazione pronta per la paura, la violenza, e la strumentalizzazione
politica. Case e attività di musulmani sono state date alle fiamme e 100 mila
musulmani Rohingya, molti bambini e donne tra di loro, sono stati forzatamente rinchiusi
dentro campi per rifugiati. Quando ho parlato con Rohingya provenienti da Rakhine, i loro occhi si
ingrandivano per lo sgomento, ed era palpabile l’impotenza e la paura di
aggressioni da parte della maggioranza buddista. Recentemente, il rullante
richiamo di tamburi alla violenza contro i musulmani e altre minoranze si è
diffuso in altre parti del paese, spesso con la tacita approvazione della polizia
locale e dell’esercito.
Sono testimone in prima persona del propagarsi
della violenza nella città di Lashio nello stato settentrionale di Shan, dove
nell’anno passato una moschea, attività economiche, e un orfanotrofio musulmano
sono stati dati al fuoco, non lontano dalla più venerata pagoda della città. I
buddisti del luogo con cui ho parlato erano amichevoli ma anche preoccupati, e
dalle loro file provenivano le folle che
appiccavano il fuoco ai vicini musulmani.
Dei circa mezzo milione di monaci e
monache in Birmania, coloro che sposano l’odio e sostengono la violenza sono un
pugno, meno dell’un per cento. Tuttavia il loro messaggio di paura e di
pregiudizio ha una risonanza a causa di svariati fattori.
Innanzitutto, i monaci radicali hanno
collegato con successo l’insegnamento buddista con il nazionalismo. Il
buddhismo insegna la nobiltà di tutti
gli esseri umani, senza distinzione di casta, di razza, o credo. Ma gli umani
riescono a far cattivo uso di tutto, dharma compreso, e questi monaci sono
diventati fondamentalisti che sposano il pregiudizio nel nome del dharma. Con il
40 per cento della popolazione birmana diviso in 135 gruppi etnici, tre milioni
di musulmani, e una dozzina di guerre civili in lenta ebollizione, i malaccorti
monaci dicono ai buddisti birmani che devono combattere contro i diversi per
conservare la nazione.
In secondo luogo, dal momento della recente
transizione a un governo quasi-civile, c’è crescente insicurezza, sviluppo
economico predatorio e inganno politico. Durante precedenti viaggi nel periodo
del regime militare, amici avrebbero potuto essere imprigionati o torturati se
fossi stato per caso udito parlar loro di Aung
San Suu Kyi. Al giorno d’oggi la conversazione
pubblica è permessa ma restano ancora dei pericoli per giornalisti e
attivisti.
Con l’abolizione della dittatura militare, le tensioni
etniche e religiose in ebollizione sono sfruttate da monaci malaccorti, gruppi
politici, e quel che resta della dittatura, a scopo di potere. Si dice che
alcuni dei monaci peggiori siano uomini del Servizio Segreto che hanno preso l’abito
monacale e stanno deliberatamente attizzando le paure per riportare la gente
dalla parte dei militari e contro Aung San Suu Kyi. I monaci radicali giocano
sulla memoria storica dell’espansione musulmana nell’Asia delle preesistenti
culture buddiste. Racconti paurosi di musulmani violentatori di donne buddiste,
aventi enormi famiglie e che sovrappopolano la terra sono largamente
disseminate.
Sorprendentemente, esiste una diffusa ignoranza in
Birmania di molti insegnamenti centrali per il buddismo. Gran parte della
pratica buddhista in Birmania ha carattere devozionale. Le preghiere e le
offerte esprimono un bello spirito di generosità e la credenza nell’ottenimento
di meriti, nel karma e nella rinascita. I templi accuratamente decorati sono
regolarmente inondati con una gioiosa compartecipazione comunitaria, con canti e manifestazioni di sostegno
per i monaci.
In questa cultura devozionale, gli insegnamenti delle nobili verità e dell’ottuplice
sentiero, della nonviolenza,
consapevolezza, e della virtù non sono enfatizzati. E il monito del
Buddha a guardare e a occuparsi di se stessi è completamente perduto. Il sistema educativo birmano non insegna al
popolo a mettere in discussione l’autorità. Gli studenti di una scuola media,
appassionati e dai visi radiosi mi hanno detto di aver sempre imparato a
memoria e di non aver mai fatto una domanda in tutta la loro carriera
scolastica. In aggiunta a questo, cinquant’anni di polizia segreta e di oppressione
militare hanno lasciato molti birmani impauriti e facilmente tratti in inganno.
Per fortuna ci sono
anche abati, attivisti, e leaders musulmami che incarnano l’insegnamento del
Buddha a “accordarsi con tutti gli esseri con illimitata amorevole gentilezza”.
Sono stato ispirato dal coraggio di coloro che stanno cercando di disinnescare
questa deplorevole situazione. Alcuni lavorano in pubblico, altri si impegnano
dietro la scena, per educare i monaci e le comunità negli insegnamenti buddisti
riguardanti rispetto, nonviolenza, e risoluzione dei conflitti. Ma il linguaggio dell’odio ha
creato una situazione pericolosa, e coloro che parlano apertamente in pubblico
contro il pregiudizio sono presi di mira e molestati dagli squadristi
anti-musulmani. Nonostante questo, leader come Zin Mar Aung che ha ottenuto l’International
Woman Courage Award, e il Venerabile U Nayaka Sayadaw, abate di un monastero di
Mandalay con settemila monaci, hanno tenuto alta la bandiera del dharma di
rispetto per tutti.
Anche se la soluzione è nelle mani degli stessi birmani,
ci sono molti gruppi all’esterno che cercano di incoraggiare la miglior
tradizione buddista birmana di tolleranza, come Partners Asia, il Catholic
Peacebuilding Network, Hope
International, United to End
Genocide, e il International Network
of Engaged Buddhists. Sfortunatamente, Médecins
Sans Frontières e le UN sono stati banditi da Rakhine perché il governo non
vuole che resoconti onesti sulla situazione raggiungano il mondo esterno. Aung
San Suu Kyi, che mantiene una visione di lungo termine dello sviluppo della
Birmania, con immensa dignità, grazia, e coraggio, ha incoraggiato quanti di
noi l’hanno incontrata ad ascoltare tutte le parti in conflitto. Sfortunatamente
la costituzione imposta dai militari non è stata ancora cambiata sì da
riconoscerle pieni diritti politici e lei è limitata nella sua abilità a
misurarsi con la situazione.
Nei mesi passati ho organizzato un gruppo di interessati
anziani buddisti, inclusi il Dalai Lama e Thich Nhat Hanh, per pubblicare una
lettera occupante l’intera pagina di giornali birmani per incoraggiare i
birmani ad alzarsi in piedi per la loro nobile tradizione di rispetto e
nonviolenza.
-Jack
Kornfield, da Shambala Sun